Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del direttore Carlo Alberto Tregua e del vice presidente Filippo Anastasi, il prefetto di Palermo, Massimo Mariani.
Eccellenza, si è insediato a Palermo nello scorso mese di novembre. Come è andata in questo primo periodo?
“È stato essenzialmente un periodo di ambientamento e di presa di conoscenza delle questioni, spesso complesse, sul tappeto. Come sapete, ho spesso operato in realtà difficili, e chi fa il mio mestiere sa di essere chiamato ad affrontare adeguatamente le complessità. Credo del resto che ogni realtà, anche quella ritenuta più tranquilla, abbia le proprie difficoltà e problemi peculiari. Ovviamente tutto deve essere visto nel proprio contesto. Palermo è certo una realtà complessa, ma soprattutto è una realtà importante perché è una capitale. Parliamo di un contesto di estrema rilevanza non soltanto per la sua storia ma anche per il suo presente, perché si tratta di una città che si colloca al centro di un’Isola posta nel cuore del Mediterraneo, in una contingenza storica e geopolitica particolarmente complicata, se non drammatica: essere al centro del Mediterraneo, per la Sicilia, vuol dire essere, da sempre, crocevia di popoli e di nazioni. Oggi vuol dire anche essere punto di arrivo, ormai da anni, di imponenti flussi migratori, in un Mediterraneo che risente inevitabilmente delle tensioni e dei drammi dei nostri tempi. Impegno prioritario è quindi adattarsi alle specificità di questa città e di questa terra, conoscerne il contesto, capirne le dinamiche”.
Può dirci quali sono le principali tematiche che sono attualmente sul suo tavolo?
“Un tema molto avvertito è quello della cosiddetta “malamovida” e delle forme di criminalità a questa connessa che affronto, pressoché quotidianamente, fin dal mio insediamento. Altrettanto importanti, sono le problematiche legate alle occupazioni abusive di alloggi e quelle, in genere, legate al disagio socio-economico. Di grande rilevanza è poi il tema della diffusione dell’uso degli stupefacenti tra i giovani. Molte di queste tematiche sono all’attenzione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, così come tutte quelle connesse all’azione di prevenzione della delittuosità e di controllo del territorio. Come noto, la Prefettura è la sede in cui si delineano le strategie di fondo per la gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica, che poi sono tradotte in termini operativi dalla Questura”.
Qual è il ruolo del prefetto oggi?
“Cerchiamo di essere al passo con i tempi. Il Prefetto – le cui funzioni sono state storicamente delineate in epoca napoleonica – è presente in Italia sin dalla nascita dello Stato unitario. Il Prefetto ha accompagnato la storia del nostro Paese, in un processo che definirei ‘evolutivo’, coerente con i cambiamenti della struttura statale e socio-istituzionale, così come delle forme di governo che si sono succedute nel tempo. I Prefetti dell’Italia repubblicana non sono più i prefetti dell’epoca post-risorgimentale, ma nemmeno quelli su cui il mio corregionale Gaetano Salvemini appuntava le sue critiche. Non sono più, ovviamente, nemmeno quelli del Ventennio, il cui ruolo andrebbe forse approfondito con una certa attenzione. Si pensi alla vicenda di Cesare Mori che – non unico- fece da Prefetto di Bologna il suo dovere a difesa delle istituzioni di allora, opponendosi alle violenze dei fascisti e che dai fascisti fu di conseguenza osteggiato. Mori fu poi ‘recuperato’ proprio come Prefetto di Palermo, per una grande opera di contrasto alla mafia in Sicilia. Oggi il Prefetto, quale Rappresentante dello Stato, svolge un ruolo essenziale, coerente con i cambiamenti istituzionali e sociali che si sono succeduti fin dall’avvento della Costituzione repubblicana. La riforma del Titolo V della Costituzione ha portato a una ulteriore, importante valorizzazione delle Regioni e delle Autonomie locali e quindi a una ridefinizione del ruolo dello Stato e con questo dello stesso prefetto. Questa rimodulazione del tessuto istituzionale ha tuttavia consolidato, a mio parere, il ruolo del Prefetto quale protagonista di un composito quadro di relazioni istituzionali, basato non più su un ormai superato schema ‘piramidale’ o ‘gerarchico’, bensì sul coordinamento, sul confronto, sulla mediazione, sulla ‘governance’. Il Prefetto deve svolgere un ruolo di raccordo istituzionale, deve essere punto di riferimento di tutti i Soggetti portatori, a vario titolo, dei molteplici interessi di una società complessa”.
A proposito della cosiddetta malamovida e dei fenomeni di degrado sociale, in che modo è possibile intervenire?
“Negli scorsi mesi si sono registrati due episodi molto gravi. Faccio riferimento agli omicidi avvenuti il primo in una discoteca a Palermo e l’altro a Balestrate, di cui sono stati vittime due giovani, che hanno rappresentato la tragica manifestazione di una problematica che stiamo cercando di affrontare con il massimo rigore. La ‘malamovida’ è fatta di violenze tra giovani che possono sfociare in fatti di sangue, ma anche di comportamenti incivili, degrado, abuso di alcool e di stupefacenti, che nel complesso incidono sulla qualità della vita di Palermo. Non deve poi essere dimenticato il ruolo delle consorterie mafiose che, certo, sono state pesantemente e efficacemente colpite dall’incessante, straordinario lavoro della Magistratura e delle Forze di polizia, e che tuttavia devono essere tenute sotto controllo perché, come dimostrano le indagini più recenti, sono tuttora presenti e operanti, anche per quanto riguarda gli stupefacenti, il cui uso è purtroppo diffuso nelle giovani generazioni. A questo si sommano le difficoltà di carattere sociale. In questi mesi abbiamo lavorato in stretta sinergia con le Amministrazioni comunali in tutte le occasioni in cui si sono riproposti i temi della sicurezza urbane: a Palermo, per esempio, è stato emanato uno specifico regolamento, anche sulla base di orientamenti emersi dal confronto con il mio ufficio e con i vertici delle Forze di polizia. Spesso dietro ai fenomeni delinquenziali e alla ‘malamovida’ ci sono manifestazioni di grande disagio, soprattutto negli ambienti giovanili. Noi possiamo fornire una “medicina” per lenire l’”infiammazione”, ma è chiaro che la malattia, che affonda le radici nel profondo della nostra società, deve essere sconfitta con una grande operazione di prevenzione che veda coinvolti tutti i Soggetti istituzionali, ciascuno per la propria parte. I fenomeni legati al degrado di alcune periferie e alla marginalità sociale determinano un forte deterioramento di comportamenti e il nostro principale impegno, oggi, è proprio sconfiggere il degrado, anche culturale. È necessaria una maggior incidenza delle agenzie educative, e non intendo con queste solo la scuola – la cui opera, anzi, in certi contesti è a dir poco encomiabile -, ma anche se non soprattutto le famiglie, che del processo educativo sono o dovrebbero essere parte essenziale”.
Veniamo alla vostra attività di coordinamento sul territorio…
“I Prefetti hanno fondamentalmente una doppia funzione: rappresentanza del Governo e Autorità provinciale di pubblica sicurezza. Nel disimpegno di queste funzioni il coordinamento è parte essenziale e può realizzarsi in vari modi: compito del Prefetto è scegliere gli strumenti più efficaci, sulla base delle circostanze. In quanto Rappresentanti del Governo siamo dunque camera di compensazione delle problematiche che, di volta in volta, si propongono nelle varie realtà territoriali. Svolgiamo una funzione di mediazione perché abbiamo la responsabilità di mettere assieme, attorno a un ‘tavolo’, le varie Parti al fine di dirimere le questioni e individuare obiettivi comuni e soluzioni condivise. Il nostro è in tal senso un ruolo di sintesi, in un Paese caratterizzato da una molteplicità di livelli di Governo e di centri di decisionali. Quale Autorità provinciale di pubblica sicurezza, sul Prefetto grava la responsabilità generale dell’ordine e della sicurezza pubblica nella provincia, in una accezione che si può definire politico-amministrativa. Questo vuol dire promuovere e coordinare l’azione delle Forze di polizia, in un’ottica che tenga conto delle esigenze e delle istanze che provengono dal territorio, coinvolgendo quindi anche i Sindaci. Il dialogo col territorio e l’individuazione di scelte condivise attraverso lo strumento del coordinamento è essenziale in questo, come in molti dei campi di intervento della Prefettura: ricordo al riguardo i temi connessi all’immigrazione e all’accoglienza dei migranti, che ci impegnano da molti anni. È molto importante, nell’esercizio di queste funzioni, il confronto con la Regione siciliana, con i Sindaci, ma anche con le associazioni, i comitati, i singoli cittadini. Occorre ascoltare tutti coloro che compongono il tessuto sociale, per meglio conoscere i problemi e individuare le soluzioni più opportune”,
In che modo è possibile interpretare al meglio questo importante ruolo di mediazione?
“Se guardiamo, in un’accezione democratica, il ruolo del prefetto, scopriamo che questo si sostanzia nella capacità di far sì che più soggetti istituzionali, con le proprie specifiche attribuzioni, così come qualunque soggetto portatore di interessi diffusi o di categoria, come i sindacati, siano in grado di dialogare tra loro e di trasformare gli sforzi individuali in sforzi collettivi, senza sovrapposizioni e con il comune intento di pervenire a un risultato. Il Prefetto deve essere un ‘facilitatore’ e la Prefettura il ‘luogo del dialogo’, per far sì che lo sforzo comune, perseguendo il pubblico interesse, sia più efficace e raggiunga gli obiettivi perseguiti senza particolari conflittualità o difficoltà. Oggi Si tratta di un’azione di grande rilevanza, vorrei dire di “garanzia”, perché la mediazione, il dialogo, il confronto, possono prevenire tensioni o addirittura turbative dell’ordine pubblico, in un’epoca complessa quale quella che stiamo attraversando”.