Dopo lo storico arresto avvenuto ieri nei pressi della clinica “La Maddalena” di Palermo, il boss Matteo Messina Denaro si trova già rinchiuso nel carcere di massima sicurezza a L’Aquila.
Dopo 30 anni di latitanza, dunque, le porte della prigione si sono aperte anche per il sanguinario “Diabolik”, che dovrà scontare ergastoli e condanne in regime di carcere duro, vale a dire in regime di 41 bis, come disposto dal decreto firmato proprio nelle ultime ore dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.
La finalità del 41bis è quella di interrompere ed impedire qualsiasi tipo di legame tra il detenuto e l’organizzazione criminale/mafiosa cui appartiene.
Il regime di carcere duro è stato introdotto nel diritto penitenziario italiano nel 1986 con legge n.663 – la norma Gozzini – che emendò la legge n.354 del 26 luglio 1975 introdusse la nuova modalità di reclusione da utilizzare in presenza di emergenza e/o necessità.
A seguito delle stragi di mafia nel ’92, che portarono alla tragica morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il 41 bis venne adottato come misura di emergenza temporanea, vale a dire legata soltanto a quel periodo storico.
Tuttavia, il regime di detenzione rigido entrò stabilmente nel sistema penitenziario italiano, potendo essere applicato dal 2009 per quattro anni ed essere prorogato di ulteriori due.
I detenuti sono collocati in una cella singola, con due ore al giorno a disposizione per poter “socializzare” in gruppi da massimo quattro persone.
Coloro i quali sono sottoposti al carcere duro, possono usufruire di un colloquio al mese videosorvegliato di un’ora dietro un vetro divisorio: soltanto chi non fa colloqui può ottenere l’autorizzazione, trascorsi i primi sei mesi, a una telefonata al mese di dieci minuti.
Il 41 bis viene applicato sia per reati di stampo mafioso sia per reati terroristici, anche internazionali, e di eversione dell’ordine democratico attraverso atti di violenza.
Ciononostante, è possibile ottenerne la revoca in presenza di due casi: la prima su ordine del tribunale di sorveglianza di Roma (l’unico in Italia che ha il compito di pronunciarsi a riguardo), la seconda invece per scadenza del termine senza che sia disposta la proroga.