Bocche cucite, nessuna parola. Dopo Matteo Messina Denaro, che dal carcere dell’Aquila dove è attualmente rinchiuso, continua a non mostrare segni di collaborazione anche Andrea Bonafede, il geometra incensurato accusato di avere prestato la propria identità al boss di Castelvetrano, decide di non proferire parola.
L’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio di garanzia avvenuto nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo in presenza del Gip e del pubblico ministero Piero Padova. In base all’accusa, Bonafede sarebbe un “uomo d’onore” riservato, lontano comunque dai giri più stretti di Matteo Messina Denaro.
L’uomo avrebbe concesso il documento d’identità all’ex superlatitante per applicargli la propria fotografia affinché potesse permettersi le cure sanitarie sotto falso nome.
La “cessione” dell’identità sarebbe avvenuta già in occasione dell’operazione chirurgica alla quale Matteo Messina Denaro si è sottoposto il 13 novembre 2020 all’ospedale di Mazara del Vallo.
Grazie a questa falsa identità, Messina Denaro sarebbe riuscito a vivere e a girare indisturbato per diverso tempo nella località di Campobello di Mazara, dove sono stati rintracciati alcuni covi.
Nel frattempo si allunga la lista dei fiancheggiatori dell’ex superlatitante. Nelle scorse ore, infatti, nel registro degli indagati sono stati iscritti i nomi di Vincenzo e Antonio Luppino, figli di Giovanni, l’uomo che ha accompagnato il capomafia alla clinica Maddalena di Palermo.
Nel frattempo, il boss di Castelvetrano ha rinunciato a comparire all’udienza preliminare di un processo nel capoluogo siciliano dove sono coinvolti padrini, gregari della mafia agrigentina e l’avvocata Angela Porcello. La posizione di Messina Denaro, così come previsto dalla legge, era stata stralciata perché l’ultimo dei capimafia siciliani era latitante.