Sabato mattina palermitano, tempo di disbrigo faccende. Il cronista passa, abitando nei pressi, dinnanzi all’abitazione del Presidente della Repubblica.
Ha un appendiabiti in legno sulle spalle, a mo’ di carabina, lo sta portando a riparare da un ebanista li vicino. Un nugolo di poliziotti e funzionari staziona davanti al portone, impalcato per il 110%, del palazzo di Sergio Mattarella.
Nell’angolo opposto stazionano alcuni fedelissimi. Il cronista nonostante le mascherine ne riconosce le fattezze antiche. Spiccano il capello arruffato del simpaticissimo Mommo Giuliana e le calvizie di altri. Il cronista si ferma, posa a terra l’appendiabiti palesando un presentat’arm.
C’è il Presidente? È qui a Palermo nel momento clou del tormentone che immobilizza il Paese? Tutti i grandi elettori salgono a Roma e lui è nel capoluogo Siciliano? Solo chi è di Palermo capisce queste cose. Pare che ci sia. Le bocche sono cucite, sia quelle dei numerosi funzionari del ministero degli Interni, sia quelle degli anziani coetanei devoti a Sergio Mattarella. C’è, non c’è, e se non c’è perché tutta questa gente è qui? Segreti e sussurri.
Questa città dai tempi di Crispi è sempre stata la terza camera dello Stato, con buona pace di Bruno Vespa. La Camera segreta del potere.
In questa città, liberata per prima dagli americani, si è firmata nel 1947 la prima carta costituzionale, lo Statuto Siciliano. In questa città vivevano gli Alessi, i Chiazzese, i Mattarella, gli Orlando Cascio. Questa è la città di Vittorio Emanuele Orlando. È la città che ha incantato Arabi e Normanni. È la città dello Stupor Mundi. È la città della prima Expo italiana. È la città dei Florio e della Belle Epoque, dove soggiornavano gli Imperi.
Noi siamo e c’eravamo. Catania da molti anni influenza la Sicilia, ma Palermo, nel bene e nel male, determina l’Italia.
Il Presidente, per ora, è qui. Il resto lo potete comprare con Mastercard.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo