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Miele e apicoltura, 2019 anno da dimenticare

CATANIA – Proteggere le api – sia quelle allevate per il miele, sia quelle selvatiche – significa salvaguardare la biodiversità e riconoscere il loro ruolo di custodi delle salute dell’ambiente. Non stupisce che nel 2017 le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata mondiale delle Api, che si è celebrata lo scorso 20 maggio. E non stupisce nemmeno che la Regione Siciliana abbia adottato un modello di certificazione per l’apicoltore, poiché quest’ultima rientrava tra le attività indispensabili da portare avanti nonostante la chiusura dettata dall’emergenza sanitaria (All. 1, Dpcm 22/03/20). All’apicoltore si richiedeva di esibire il certificato di iscrizione all’anagrafe apistica, da dove si evince lo status di apicoltore, il codice azienda e la dislocazione degli apiari.

Per l’apicoltura il 2019 è stato un anno da segnare in agenda, per correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Il clima anomalo ha danneggiato le fioriture e ha ridotto gli alveari alla fame, danneggiando gli apicoltori che in Italia sono 63 mila, mentre oltre 60 sono i tipi di mieli prodotti. I dati emergono dall’Osservatorio nazionale miele, che lo scorso marzo ha reso noto il report annuale sull’andamento produttivo e di mercato 2019. Dal report emerge che ammontano a 73 mln di euro i danni per la mancata produzione dell’acacia e la perdita degli agrumi e di altre produzioni primaverili. Al Sud la produzione è stata “molto irregolare e generalmente insoddisfacente”.

Oltre al maltempo, che ha investito tutto il territorio nazionale dalla seconda metà di aprile fino a maggio, con abbassamenti termici e continue piogge che hanno danneggiato fioriture ed ostacolato l’attività delle api e messo a rischio la loro stessa sopravvivenza, si sono aggiunte nel mese di giugno temperature sopra la media di stagione. Non sono, inoltre, mancati episodi di spopolamento delle famiglie a causa di avvelenamenti da fitofarmaci, sia al Nord che al Sud. A completare il quadro già critico – si legge nel report – si aggiunge la concorrenza del miele d’importazione – spesso di bassa qualità – e la contrazione dei consumi. La produzione stimata per il 2019 è di appena 15.000 t, a fronte di una produzione nazionale attesa di 23.000 t. Per tutte queste ragioni, le associazioni hanno richiesto al Ministero lo stato di calamità per l’intero comparto e per tutto il territorio nazionale.

E in Sicilia, quali numeri registra il settore? Sull’Isola la consistenza di alveari è pari a un totale di 132.592, di cui 10.085 destinati all’autoconsumo e 122.507 al commercio. La produzione di miele di agrumi è stata disomogenea e ostacolata dal maltempo (specialmente per le temperature minime notturne molto basse) con produzioni scarse e a macchia di leopardo. Si stimano rese medie di 10 kg/alveare in provincia di Agrigento e 12 kg/alveare nel Siracusano mentre gli apicoltori Catanesi, visto lo scarso raccolto quantificabile in pochi chili ad alveare hanno preferito spostare gli alveari verso le fioriture di sulla e puntare su questo raccolto. Ancora qualche esempio: nella provincia di Palermo la sulla ha reso bene con una produzione in media di 20-25 kg/alveare. Mentre le rese di castagno ottenute sul territorio etneo sono state insignificanti, nel messinese produzioni scarse e molto disomogenee per una resa regionale stimabile in media di 3 kg/alveare.

Ciò spiega gli aiuti della Regione Siciliana a sostegno degli apicoltori, costretti a fronteggiare la crisi produttiva che ha colpito il settore nel 2019, così come avvenuto in altre regioni. E’, infatti, scaduto lo scorso 15 gennaio il bando per la presentazione dei progetti finalizzati alla realizzazione di “Azioni dirette a migliorare la produzione e la commercializzazione del miele”. Oltre 600 mila euro per apicoltori, associazioni ed enti di ricerca con sede in Sicilia.