Inchiesta

Sui migranti irregolari trattenuti all’interno dei Cpr Meloni si gioca la sua credibilità e la sua leadership

ROMA – Gli irregolari non richiedenti asilo potranno essere trattenuti nei Centri di permanenza per i rimpatri fino a 18 mesi. È questa una delle principali novità approvata dal Consiglio dei ministri per tentare di arginare gli sbarchi incessanti dal nordafrica, che hanno fatto salire il numero di migranti a oltre 130 mila, superando già i 105 mila di tutto il 2022. L’obiettivo, per il Governo e per la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sembra essere duplice: da un lato dare un segnale forte dell’Esecutivo su quello che è sempre stato un tema particolarmente sentito tra la maggioranza e i suoi elettori, ovvero la sicurezza; dall’altro rispondere ai mal di pancia più o meno velati mostrati dagli alleati di Governo e in particolare dalla Lega di Salvini, sempre disposto a dire la sua sulla questione.

“L’obiettivo sono i rimpatri, non la redistribuzione”, ha chiarito la premier. E per questo il tempo di permanenza nei Cpr – che era di tre mesi prorogabile di altri 45 giorni per i cittadini dei Paesi che hanno sottoscritto accordi con l’Italia sui rimpatri ed estendibile al massimo a sei mesi nei casi di persone che avessero scontato almeno novanta giorni di detenzione in carcere – è stato allungato fino a un anno e mezzo.

Un Cpr in ogni Regione

Si punta ad avere almeno un Cpr in ogni Regione, un target fissato già da tempo dal Viminale, che con il dl Cutro aveva dato mandato ai prefetti di coordinare una ricognizione per individuare le aree o gli immobili da destinare ai nuovi centri. Per questo si prevede l’approvazione, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, di un piano per la costruzione, da parte del Genio militare, di ulteriori strutture da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili. A oggi i Cpr sono presenti in sette Regioni: Puglia con Bari e Brindisi, Sicilia con Trapani e Caltanissetta, il Lazio con Roma, la Basilicata con Potenza, il Friuli Venezia Giulia con il noto centro di Gradisca d’Isonzo, la Lombardia con Milano e la Sardegna con Macomer. È chiuso al momento il Cpr che era presente a Torino.

Stando ai numeri del Viminale aggiornati al 15 settembre scorso, sono 141.201 i migranti in accoglienza sul territorio nazionale distribuiti tra le diverse strutture e le varie regioni, di cui 5.696 negli hotspot, 100.734 nei centri di accoglienza, 34.771 nei Sai. La Regione che ospita il maggior numero di persone è la Lombardia con 17.455 migranti tra Cas e Sai. La Sicilia è seconda per persone complessivamente ospitate tra centri di accoglienza, Sai e hotspot per un totale di 14.788. Solo un’altra regione, la Puglia, ospita hotspot con 215 presenze. Gli altri migranti in accoglienza sono distribuiti tra centri di accoglienza e Sai in Emilia Romagna (12.944), Piemonte (12.007), Lazio (11.772), Campania (10.794), Toscana (9.682), Veneto (8.540), Puglia (6.990), Calabria (6.641), Liguria (5.799), Friuli Venezia Giulia (4.402), Marche (4.143), Abruzzo (4.081), Umbria (2.610), Basilicata (2.561), Sardegna (2.400), Molise (1.795), Trentino Alto Adige (1.669), Valle d’Aosta (128).

Sorgono però dubbi sulla modifica del termine di trattenimento nei Centri di permanenza di chi entra in Italia, che secondo alcuni potrebbe violare i diritti della persona riconosciuti dalla Costituzione, in particolare se le condizioni di custodia avranno un carattere detentivo invece che di accoglienza. Una chiave di lettura, quest’ultima, fornita dal presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli. “Tutto dipenderà – ha spiegato ad Adnkronos – dai limiti che verranno imposti rispetto alla possibilità di movimento e uscita. I Cpr devono essere luoghi in cui stare, non essere reclusi. Il rischio di una linea non iper restrittiva è però che con una linea di apertura molti di questi soggetti prendano altre vie dal Centro, di cui si manifesta dunque l’inutilità. La finalità dei Cpr dovrebbe essere l’accertamento dell’esistenza o meno delle condizioni per il rilascio del diritto di asilo, in alternativa al rimpatrio. Mi chiedo quindi se non possano essere accelerate le procedure di controllo, che renderebbero inutile la misura di questo massimo di detenzione di chiusura dei migranti nei centri”.

Si vedrà già a partire dalle prossime settimane se la strategia del Governo pagherà e se riuscirà a fermare questo flusso ininterrotto di persone, che ha ormai raggiunto numeri record e sta mettendo in gravissima difficoltà tutto il sistema dell’accoglienza.


Da Ventimiglia a Porto Empedocle: il compito difficile dei sindaci

ROMA – Le difficoltà del Governo nazionale sulla gestione dei flussi dei migranti si ripercuotono inevitabilmente sugli amministratori locali, che da Nord a Sud e indipendentemente dal colore politico, anche tramite l’Anci, hanno denunciato situazioni non più sostenibili e chiesto una maggiore presenza delle istituzioni e dell’Europa.

“È dal 2015 – ha spiegato il sindaco di Ventimiglia, Flavio Di Muro – che assisto alla chiusura unilaterale della frontiera, a una deroga di Schengen che, ricordo, è un accordo su cui si fonda il principio di esistenza stessa dell’Europa. Io l’ho detto e lo ribadisco: a Ventimiglia è morta l’Europa”.

“Sto cercando di fare tutto il possibile – ha aggiunto – per anticipare proposte e soluzioni rispetto alle istituzioni sovracomunali. Condivido il decreto che è stato appena emanato dal Governo per quanto riguarda i Cpr, perché ci consente di allontanare dalla città i soggetti più violenti. Proprio ieri sono stato a Roma per un incontro con Anci e i vari Comuni: si creerà una sottocommissione dei centri più coinvolti nell’emergenza quali Ventimiglia, Pozzallo, Lampedusa. Sto finalizzando delle proposte per il Governo, sia per la sicurezza urbana e quindi garantire una migliore gestione di questa difficile convivenza tra residenti e migranti, ma anche per le tematiche di carattere sovracomunale che incidono sulla mia città”.

“I poteri del sindaco – ha concluso Di Muro – li sto utilizzando tutti: certamente ho bisogno del supporto del Governo, di approfondire e nuove disposizioni governative, le prime emerse assolutamente condivisibili, e seguire tutto il procedimento che porterà all’attuazione delle nuove disposizioni. Ogni Stato cerca di tutelarsi come può, di regolare i flussi migratori selezionando chi far entrare. Per i Paesi di primo approdo aspettiamo che l’impegno di Ursula von der Leyen sia attuato e confidiamo che l’Europa batta un colpo”.

Tensione anche a Porto Empedocle, nell’agrigentino, luogo in cui sono confluiti gran parte dei migranti sbarcati a Lampedusa nelle scorse settimane e che nella giornata di ieri ha ricevuto, tramite il sindaco Calogero Martello, una telefonata del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “Mi ha detto – ha sottolineato il primo cittadino – che stanno lavorando per cercare di bloccare questo flusso eccessivo. Il numero di migranti arrivato in questi giorni a Lampedusa è stato abnorme”.

“Vedere vagare queste persone in città – ha aggiunto il primo cittadino – ha creato apprensione tra i miei concittadini. Non è un problema italiano ma dell’Europa intera, perché questi flussi di migranti, aumentati in modo esponenziale, porteranno a situazioni difficilmente controllabili se continua così. L’Europa non può pensare di lasciare l’Italia da sola. Il nostro Paese è la porta dell’Europa: o l’Ue capisce che occorre affrontare il problema in modo diverso o nei prossimi anni avremo grandi difficoltà”.

Tra le soluzioni più immediate c’è la creazione di un nuovo centro di prima accoglienza, a circa tre chilometri di distanza dal centro abitato, in una zona molto più decentrata e più attrezzato ad accogliere circa 250 migranti. “Sono contento delle rassicurazioni del Governo – ha concluso il sindaco di Porto Empedocle – e spero che questi punti si trasformino in concretezza e diano il risultato che ci aspettiamo. È ovvio che le condizioni in cui ci troviamo adesso possono essere un boomerang dal punto di vista sociale ed economico: la nostra città si fonda sul turismo e vedere migranti che vagano per le strade non è un buon biglietto da visita”.