La Moda palermitana è di nuovo nella bufera: nel giro di un mese sono scattati gli arresti per i titolari di due Agenzie di Moda entrambi condotti dalla Procura del capoluogo siciliano. A coordinare le operazioni il Procuratore aggiunto Annamaria Picozzi – del dipartimento “Fasce Deboli” del Tribunale di Palermo – che oggi, in un’intervista esclusiva a Qds.it, ha affrontato il tema della violenza di genere perpetuata ai danni di giovani modelle che sognano un futuro nel Glamour che conta.
“L’opinione pubblica è ancora lontana da una piena comprensione del fenomeno – afferma la Picozzi – perché si continua a stigmatizzare la figura delle modelle. Inoltre è facile puntare il dito contro la famiglia, in particolare la figura della madre, colpevole di non aver adempiuto fino in fondo al proprio ruolo”.
Ed è qui che Annamaria Picozzi apre il tema della stereotipizzazione, parlando di “vittimizzazione secondaria” per chi deve combattere due diverse battaglie: la prima contro chi ha abusato di loro; la seconda contro l’opinione pubblica, che spesso depreca a priori il contesto e l’accaduto.
Se vogliamo ci sarebbe anche una terza battaglia, la più grande, quella che mette queste ragazze di fronte allo specchio ogni mattina. Non per farsi belle, certo, ma per convivere con il pesante fardello della violenza che silenziosamente portano con sé. Un tema, questo, che la psicologa Patrizia Nacci indica come: “eventi traumatici, che in quanto tali possono generare sintomi come un vero e proprio Disturbo Post Traumatico da Stress, in cui le esperienze subite sotto forma di immagini, emozioni, sensazioni fisiche, parole, suoni, odori, incubi notturni possono ritornare alla mente della persona causando profonda sofferenza fisica e psicologica”.
“Spesso – prosegue la psicoterapeuta – per resistere a tali esperienze e non sentire la ferita, le vittime mettono in atto meccanismi di difesa come il congelamento e la scissione del corpo dalle emozioni. Purtroppo la mancata elaborazione dell’esperienza traumatica può innescare effetti negativi a cascata sulla vittima, producendo emozioni e pensieri dannosi e idee sbagliate, come sentirsi colpevoli perché non ci si è sottratti o riusciti a proteggere, sfociando in un profondo senso di vergogna”.
Analizzando invece il comportamento di chi commette questo genere di violenze, la Nacci parla di: “narcisismo sano e narcisismo patologico”. In breve: il narcisismo, se integrato con gli scopi maturi della personalità, è una forza psicologica potente che va mantenuta e sostenuta. Tuttavia, una parte del narcisismo è nutrito da una società in cui l’obiettivo è esercitare il potere, dove tutto è possibile e acquistabile con il denaro, in cui il corpo diventa merce di scambio per una futuro lavorativo.
“Uomini di potere dunque – che come ricorda il Procuratore aggiunto Picozzi – hanno anche relazioni stabili alle spalle, più o meno consapevoli e tolleranti della doppia vita del partner, che monetizzano sogni, qualcosa che per definizione non può essere comprato”.
E la strada verso il successo richiede un caro prezzo da pagare: “Il pedaggio di natura sessuale – nota la Picozzi – va al di là del semplice denaro. E’ piuttosto un atteggiamento di tipo predatorio che accomuna questi soggetti, in grado di strumentalizzare i sogni di giovani modelle (non ancora Donne) che diventano incubi dopo le violenze, squallidamente presentate come il miglior viatico verso il successo”.
Dietro le quinte del Modelsharing a luci rosse pare muoversi ancora qualcosa. Nuovi fascicoli potrebbero accatastarsi nelle aule dei tribunali, nuovi retroscena emergere in un periodo così frenetico per la Moda palermitana e non solo. Mentre le indagini della Procura procedono nel segno della giustizia, resta ancora un nodo da sciogliere, ossia quello etico, in cui occorre fare mea culpa e chiedersi: perché il nostro corpo è diventato un oggetto?
Gioacchino Lepre