«Oggi sarò come tanti altri colleghi in Via Fava, davanti al Teatro Stabile, a manifestare pur sapendo bene, perché non siamo stupidi, che ne abbiamo fatte tante manifestazioni e non è che si sia risolto tanto. Siamo sempre appesi a un filo e aspettiamo.. mi sento come se qualcuno decidesse della mia vita».
Oscilla tra rassegnazione e speranza, Elisa Franco, attrice e direttrice artistica della compagnia teatrale etnea “La carrozza degli artisti”. Anche lei, come tanti artisti e lavoratori dello spettacolo in tutta Italia, ha risposto ‘presente’ alla chiamata di “Torniamo a fare spettacolo”, l’iniziativa unitaria promossa da SLC CGIL – FISTEL CISL – UILCOM UIL ad un anno dal DPCM che faceva calare il sipario su teatri e spettacolo dal vivo interrompendo “manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico”.
Ieri molti teatri hanno tenuto accese le luci dalle 19:30 alle 21:30 in segno di protesta, per chiedere di tornare a lavorare in sicurezza.
Un anno senza spettacolo non è di certo stato un anno facile. Tra le “vittime civili” del prolungarsi della pandemia ci sono, infatti, anche teatri e maestranze. «Tanti teatri – aggiunge amareggiata – hanno abbassato definitivamente la saracinesca, sono stati costretti. Non potevano più pagare affitti a vuoto e hanno lasciato gli stabili». C’è chi ha chiuso la compagnia e chi il teatro o l’impresa di service schiacciato dalle spese senza alcun introito da mesi.
«Manifestiamo per esprimere la nostra solidarietà nei confronti di tutti i teatri, dei lavoratori stagionali e precari che aspettano la stabilizzazione al teatro. A loro va la nostra massima solidarietà», dichiara Loretta Nicolosi, corista del Teatro Massimo Bellini di Catania, rappresentante del Comitato Nazionale Teatri Lirici-Sinfonici e segretaria della SLC-CGIL etnea. «Siamo qui, in piazza, anche per Omar Rizzato, collega e membro della grande famiglia dello spettacolo che due giorni fa ha scelto di farla finita sparandosi nel suo magazzino», aggiunge.
«Siamo in ginocchio dopo un anno di fermo. È normale – racconta Franco – che il settore ne risenta tanto che non sappiamo nemmeno se saremo in grado di ripartire. Sono a capo di una piccola compagnia, una piccola realtà, e sinceramente se devo pensare ad una ripartenza so che non sarà semplice. In questi mesi ho avuto delle uscite economiche senza alcuna entrata e quando – speriamo presto – si dovrà ripartire è chiaro che si partirà un po’ zoppicando. Anche in termini di recupero: partiamo già “in debito” verso gli abbonati dell’anno prima perché abbiamo interrotto la stagione a marzo. Una ripartenza molto lenta e con tanti sacrifici ma più passa il tempo e più sarà difficile».
«Conosciamo bene – continua – l’evoluzione della pandemia e i picchi di contagio ma quello che non ci spieghiamo è perché solo i teatri e i cinema abbiano questo trattamento rispetto agli altri settori. Si può benissimo, con le misure di sicurezza e con entrate e uscite contingentate, fare in modo che la gente torni a teatro o al cinema senza problemi. In questo periodo, ad esempio, ho preso parte a diverse registrazioni televisive di spettacoli. Abbiamo seguito tutte le norme, fatto tamponi e sierologici e abbiamo lavorato in sicurezza.. perché non si può fare la stessa cosa per il teatro?».
Riaprire senza rischi – avvalendosi di distanziamento, mascherine e tracciamento – questo l’obiettivo cui, come dichiarato in queste ore, sta lavorando anche il Ministro della Cultura Dario Franceschini che ha annunciato lo studio di misure integrative «perché progressivamente, nelle condizioni di massima sicurezza, si vada alla riapertura di tutti i luoghi della cultura». «Quello che chiediamo è di poter lavorare in sicurezza, sia per noi che per il pubblico, perché ci sono i presupposti, gli spazi e i modi per poterlo fare», conferma Nicolosi. «Vogliamo – aggiunge speranzosa – lavorare e avere spazio e tranquillità perché tutto può andare e andrà per il meglio».
Nel clima generale di sofferenza e di crisi, economica e sociale, causate dalla pandemia, diventa difficile a volte trovare solidarietà nella lotta che arriva talvolta a trasformarsi in una “guerra tra poveri”. «In questi mesi – ricorda Franco – siamo stati più volte insultati e accusati sui social sulle pagine del settore cultura e spettacolo perché ci lamentavamo, come se noi non ne avessimo il diritto perché il nostro ancora oggi non è visto come un lavoro serio fatto di sacrifici, come se tasse e utenze non le pagassimo pure noi. Forse pensano che essendo divertimento e svago, il nostro non sia un lavoro come gli altri. Non viene considerata nemmeno l’importanza nel settore a livello educativo e psicologico. Bisogna ammetterlo, la parola “cultura” in Italia è totalmente sottovalutata. Ma senza cultura siamo niente, siamo senza storia. Eppure siamo un po’ tutti necessari, ognuno nel suo settore. Non esiste la serie A e la serie B nel lavoro».
Se il teatro cerca di sopravvivere e si trasferisce sul web con le dirette streaming di spettacoli ed eventi, è il pubblico il grande assente e il grande desiderio. «Quello che vorremmo davvero – racconta Nicolosi – è riaprire le porte al pubblico. Ci manca tantissimo. La vita del teatro tutto, il nostro motore principale e il nostro cuore pulsante è il pubblico, l’unico che non ci ha chiesto indietro i soldi dell’abbonamento ma che ha voglia di rientrare a teatro. Quando si apre il sipario, anche durante gli eventi streaming, non vorremo altro che sentirli e averli con noi. Questa volta il più grande degli applausi sarà quello da parte nostra a loro..».
Valentina Ersilia Matrascia