Società

Mons. Lorefice, “In Libia campi come quelli nazisti”

Un altro richiamo forte e preciso ai cristiani quello venuto ieri nel corso dell’omelia per la Patrona di Palermo, Santa Rosalia, da parte dell’arcivescovo metropolita di Palermo Corrado Lorefice.

Affermando ancora una volta la posizione della Chiesa nei confronti dei migranti, mons. Lorefice ja parlato di “campi di concentramento libici” che “continuano la loro sistematica distruzione nazista dell’umano con la nostra colpevole complicità”.

E ha parlato anche “dei popoli dell’Africa e del Sud del pianeta martoriati dallo sfruttamento dell’Occidente, ridotti allo stremo e alla morte”.

“Un esercito di corpi – ha spiegato – tanto reali quanto invisibili, che si annidano nelle macerie della storia, distrutti da una corrente gelida di annientamento e di indifferenza”.

Il presule ha poi citato Walter Benjamin, un pensatore ebraico morto suicida per sfuggire all’arresto da parte dei nazisti, il quale “immaginò in un suo testo che queste macerie della storia umana fossero fissate con occhi sbarrati da un Angelo, trasportato via di spalle dal vento del progresso, con le ali impigliate e lo sguardo attonito”.

“Quell’Angelo – ha aggiunto -, rappresentato nel quadro di un grande pittore svizzero-tedesco, Paul Klee, a cui Benjamin si era ispirato, mi pare l’immagine appropriata del nostro sgomento, del dolore messianico”.

“È lo sgomento – ha sottolineato – che ci afferra al cospetto dei barconi affondati, dei campi di concentramento libici”.

“Sia la nostra Città – ha detto ancora l’arcivescovo -, sia la Chiesa di Rosalia e di Pino Puglisi, per questi corpi, accolti nell’arca, l’Angelo della custodia e della speranza. Perché noi non ci nascondiamo il volto terribile e angosciante della storia”.

“Eppure – ha concluso, rivolgendosi “a tutti i credenti di questa piazza, a tutti i giusti, a tutti i testimoni del bene” – mentre gridiamo raccolti attorno a questi corpi e con loro, alzando la nostra voce verso il cielo, sappiamo, al di là di ogni apparente evidenza, che c’è speranza. Noi infatti crediamo nei corpi, ed è questa fede che portiamo stasera, che da vescovo sento di dover gridare in questa nostra piazza”.