Cronaca

Mottarone, un filmato rivela, forchettoni usati dal 2014

La Procura di Verbania ha ricevuto i video girati, tra il 2014 e il 2018, dal videoamatore svizzero Michael Meier, dai quali emergerebbe l’utilizzo anche in quegli anni dei forchettoni per disattivare i freni di emergenza della funivia del Mottarone.
Lo ha confermato la procuratore Olimpia Bossi chiarendo che al momento preferisce evitare “ogni valutazione”.

Le immagini erano state inviate all’emittente Zdf dopo l’incidente, e la tv tedesca ha comunicato di averle inviate anche ai pm di Verbania.

Quei filmati ora dovranno essere analizzati dagli inquirenti per capire se davvero già almeno sette anni fa venivano usati i “ceppi” per bloccare il sistema frenante di emergenza.

Il caposervizio Tadini ha detto che i forchettoni venivano usati perché c’erano anomalie ai freni. Anche in relazione a queste lamentate anomalie sono in corso indagini.

Intanto, per le indagini sarà determinante il lavoro del consulente della Procura di Verbania di analisi della parte alta della cabina 3, dov’era agganciata la fune che, spezzandosi dove il cavo è collegato al carrello, ha causato i quattordici morti del disastro della funivia.

L’ingegnere del Politecnico di Torino, Giorgio Chiandussi, ha chiesto un altro sopralluogo, alle pendici della montagna, per studiare il modo di rimuovere a cabina. E dato che l’attività di rimozione rientra tra gli accertamenti irripetibili, da effettuare coinvolgendo tutte le parti, anche i familiari delle vittime con i legali e gli eventuali consulenti, è imminente la fase delle nuove informazioni di garanzia in vista delle analisi tecniche alla ricerca delle cause della tragedia.

Avvisi che potrebbero estendere di molto il campo degli indagati, tirando dentro altri operatori della funivia e manutentori, ditte comprese.

Nomi che si andranno ad aggiungere a quelli di Gabriele Tadini, caposervizio ai domiciliari che ha ammesso di aver dato “l’ordine” di non rimuovere i forchettoni che disattivavano i freni, al gestore Luigi Nerini e al direttore di esercizio Enrico Perocchio, questi ultimi tornati liberi sabato.

A proposito della scarcerazione, la Gip Donatella Banci Buonamici ha dichiarato: “Ho osservato che non sussisteva il pericolo di fuga, non esisteva per le motivazioni che ho scritto, non ho ritenuto per due persone la sussistenza dei gravi indizi, non perché non abbia creduto a uno (ossia a Tadini, ndr), perché ho ritenuto non riscontrata la chiamata in correità, che deve essere dettagliata, questa non lo era ed era smentita da altre risultanze”.

Ieri è tornato a parlare, dopo averlo fatto coi pm da teste, anche Emanuele Rossi, uno degli operai in servizio quel 23 maggio assieme a Fabrizio Coppi, colui che “su autorizzazione” di Tadini non rimosse i ceppi e l’unico tra i testimoni che, come il caposervizio, tira in ballo Nerini e Perocchio.

“Noi operai – ha detto Rossi – siamo convinti che non c’entriamo nulla, dicono che ci dovevamo rifiutare di mettere i ceppi, ma noi prendiamo ordini dal caposervizio e nessuno si aspettava un pericolo del genere”.

L’operatore non sa con certezza se il gestore e l’ingegnere fossero a conoscenza dell’uso dei forchettoni per “bypassare il problema” ai freni.

Quei blocchi, ha aggiunto, “erano su da tre settimane”.