Trapani

La sfiducia insidia i sindaci del trapanese ma l’attacco è un flop

TRAPANI – Le mozioni di sfiducia non vanno di moda. Almeno nel trapanese. Ne sono state presentate due, una a Favignana e l’altra a Marsala, ma hanno fatto cilecca. I sindaci, di dritto o di rovescio, sono riusciti a neutralizzarle rimanendo al loro posto.

A vuoto la mozione di sfiducia per Francesco Forgione

Il primo cittadino delle Egadi Francesco Forgione ha giocato fin dall’inizio in casa. Sapeva che non c’erano i numeri, che le firme, sette in tutto, erano utili per proporla ma non certo per approvarla. Necessari almeno otto voti su dodici. E sapeva anche che il tentativo di far decadere una consigliera, per troppe assenze, e sostituirla con la prima dei non eletti, pronta a votare la mozione, non era andato in porto grazie allo stop del Tar di Palermo.

L’esito del voto era dunque scontato, non certo lo scontro, durissimo, durante il dibattito. Un pezzo dell’ex maggioranza e l’opposizione forzista hanno attaccato senza esclusione di colpi. Sindaco incapace di ascoltare, sindaco decisionista, sindaco poco attento alle esigenze della comunità.

Anche sindaco “straniero”, perché Forgione è calabrese. Lui ha rilanciato, presentando il Comune come all’anno zero. Suoi i progetti del Pnrr, suoi gli interventi per sostenere le politiche culturali delle tre isole (Favignana, Levanzo e Marettimo). Suo il confronto diretto con i cittadini.

Momenti di tensione in aula, con accuse e controaccuse che hanno coinvolto anche il pubblico presente. Ma alla fine in politica, e non soltanto in politica, contano i numeri: 7 voti a favore della mozione, 4 contrari ed un assente. Pratica chiusa.

Forgione potrà navigare per un altro anno perché il mandato amministrativo scadrà nel 2025. La sua ricandidatura sarà oggetto di discussione, perché la coalizione che lo ha eletto è andata progressivamente in frantumi.

Particolare di non poco conto, la sfiducia è stata votata dalla presidente del consiglio Emanuela Serra e dalla vicepresidente Antonella Armetta. Entrambe facevano parte della maggioranza. Un anno che si annuncia quindi condizionato dalle reciproche richieste di dimissioni. Chi ha votato la sfiducia chiede a Forgione di fare un passo indietro, chi l’ha difeso, punta alle dimissioni della presidente.

A Marsala numeri in bilico sulla mozione di sfiducia

I numeri sono stati invece ballerini fino alla fine a Marsala. Avevano firmato in dodici e bisognava arrivare almeno a quindici voti per mandare a casa il sindaco Massimo Grillo. Com’è finita? Hanno detto sì alla mozione in undici, sette i voti contrari e tre gli astenuti. Da segnalare anche tre assenti, determinanti. Qui il gioco è stato quasi ad incastro.

Tre firmatari della sfiducia – il gruppo autonomista con Guglielmo Ferrantelli, Antonio Vinci e l’indipendente Michele Accardi – hanno posto una pregiudiziale, quella di rimandare il voto dopo le Europee. Proposta non accolta, anzi, considerata strumentale, ma accompagnata dalla loro scelta di uscire dall’aula. Siccome la matematica non è una opinione, i sì alla sfiducia sarebbero dovuti scendere a nove rispetto ai dodici firmatari. Ed invece i sì sono stati undici, perché sono arrivate in soccorso le consigliere Elia Martinico (Forza Italia) e Rosanna Genna, che non avevano firmato la mozione ma hanno deciso di sostenerla.

Altro capitolo quello delle astensioni. Due sono arrivate dai consiglieri dell’ex Movimento del sindaco. Vito Milazzo e Lele Cavasino hanno censurato il governo cittadino, ma la loro opposizione è appena nata ed hanno considerato un voto favorevole alla mozione come una forzatura. Il terzo astenuto, Gaspare Di Girolamo. Facendo ancora ricorso alla matematica, con i tre non votanti ed i tre astenuti – tutti comunque ipercritici nei confronti di Grillo – la mozione sarebbe passata.

Il sindaco è stato bravo a giocarsi tutte le carte a sua disposizione. Ha contribuito a spaccare Forza Italia con il sostegno del presidente del consiglio Enzo Sturiano, che si è dichiarato forzista di governo con altri tre consiglieri (Giuseppe Carnese, Massimo Fernandez e Vanessa Titone) e tre assessori in carica, aprendo così un contenzioso politico con i forzisti d’opposizione: la consigliera Martinico ed il coordinatore provinciale Toni Scilla.

Grillo ha anche stretto un patto politico con Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni è stato, per mesi, l’unico gruppo di centrodestra a stare al fianco di un sindaco accusato di avere voluto scientemente rompere l’alleanza che gli aveva consentito di vincere nel 2020, per inciso, di centrodestra.

Accordo con la destra che il sindaco, di tradizione democristiana e centrista, ha rafforzato annunciando, a poche ore dal voto delle Europee, il suo impegno elettorale per la premier Meloni. Anche per Grillo sarà un anno dal voto da passare “pericolosamente”. I numeri dicono che non ha una maggioranza in consiglio. Dovrà trovare i voti su ogni atto deliberativo. Mestiere che sa fare bene.