PALERMO – Un patrimonio, quello dei Beni culturali, enorme da gestire, valorizzare, rendere fruibile recependo cambiamenti e nuove esigenze. In Sicilia la Regione ha competenza diretta su circa un centinaio tra Musei interdisciplinari, Musei archeologici, siti monumentali, aree archeologiche e teatri antichi, una ricchezza inestimabile che però, come confermano i numeri, non si riesce a trasformare in valore economico e sviluppo per i territori. E neppure in strumenti di partecipazione culturale.
Si parla costantemente di fare sistema, di sinergie, di interconnessione tra Beni culturali e turismo, ma senza passare ad azioni concrete. Nel 2019, ultimo anno i cui dati non sono stati falsati dalla pandemia di Covid-19, l’introito ricavato dalla Regione dalla fruizione dei suoi luoghi della cultura è stato di 28 milioni 665 mila euro con 5 milioni 173 mila visitatori. Nel 2020 si è registrato un crollo di oltre il 70% con fruitori scesi a un milione e mezzo e introiti a circa 8 milioni. Nel 2021 c’è stata una leggera ripresa, ma i numeri del 2019 rimangono lontani. E analizzando i numeri nel dettaglio, anche quelli pre Covid non sono particolarmente esaltanti.
La maggior parte di quei 5 milioni di persone ha visitato le aree e i Parchi archeologici (Agrigento, Siracusa e Trapani). Messina con il Teatro antico di Taormina e i suoi 890 mila visitatori, del milione 100 mila complessivi, è la provincia che ha totalizzato più introiti nei suoi siti culturali, oltre 8 milioni di euro, seguita dagli oltre 7 milioni di Agrigento, i circa 5 milioni e mezzo di Siracusa, 2 milioni 600 mila di Trapani, 2 milioni 400 mila di Enna, 2 milioni 200 mila di Palermo, 410 mila euro di Catania.
I Musei più frequentati, però, non sono andati oltre i 65 mila visitatori (Salinas e Palazzo Riso a Palermo), cifre lontanissime da quelle registrate dai grandi luoghi di cultura nazionali e internazionali. Il Museo più visto al mondo, secondo un rapporto di Aecom, è il Louvre di Parigi con 9 milioni 600 mila visitatori nel 2019 (2 milioni 700 mila nel 2020) al terzo posto i Musei Vaticani con 6 milioni 880 mila, primo tra gli italiani la Galleria degli Uffizi di Firenze con 2 milioni 360 mila. Traguardi potenzialmente non proibitivi per la Sicilia.
Le riorganizzazioni degli ultimi anni partite dal Dipartimento Beni culturali e dell’Identità siciliana hanno tentato di dare omogeneità organizzativa alle varie realtà, consentendo tempi di fruizione più ampi, ma nel sistema museale restano delle criticità. A ribadirlo è stato recentemente lo stesso dirigente generale del Dipartimento Franco Fazio: “L’esperienza del Covid – ha detto durante un confronto – ha messo in luce potenzialità e vulnerabilità del nostro sistema museale, ci ha fatto comprendere i punti di forza, come per esempio la capillarità sul territorio regionale, ma anche le criticità che tale parcellizzazione comporta, per le esigenze gestionali e a causa della carenza di una rete di collegamento infrastrutturale efficace e funzionale”.
Fanalini di coda nella fruizione sono proprio i Musei, malgrado nella maggior parte dei casi ci sia stato un ampliamento nelle aperture con orario continuato dal mattino al pomeriggio, tranne la domenica e festivi con accesso solo antimeridiano e il lunedì la chiusura totale. Questo almeno quanto risulta dalle pagine web ufficiali dei vari siti culturali, perché poi ogni sito si regola in base a una propria organizzazione interna e alle disponibilità nell’organico di addetti alla custodia e sorveglianza.
Tenere aperti questi luoghi, dunque, è il primo problema. Poi c’è anche quello di farli frequentare e, soprattutto, renderli parte di un sistema museale nazionale che impone l’adeguamento a standard di qualità per avere accesso ai grandi finanziamenti, già disponibili.
Si confida in un nuovo inizio, una ripartenza con obiettivi e numeri che facciano “volare alto”, e vuole puntare a grandi traguardi Elvira Amata, nuovo assessore regionale ai Beni culturale e Identità siciliana del Governo retto da Renato Schifani, per la quale si prospettano sfide non di poco conto.
Per la componente dell’Esecutivo regionale i Musei possono diventare un grande attrattore e per questo è fondamentale lavorare in coordinamento con l’assessorato al Turismo per una visione complessiva delle potenzialità su cui lavorare.
Il territorio siciliano è però costellato di centinaia di Musei che non sono di pertinenza regionale: civici, universitari, diocesani, privati. Un patrimonio da valorizzare e promuovere nel migliore dei modi, come spiega al QdS Francesco Mannino, coordinatore regionale di Icom (International Council of Museums) Italia, la principale organizzazione internazionale non governativa che rappresenta i Musei e i suoi professionisti. “C’è un sistema museale nazionale – spiega – che si sta affermando e impone criteri di accreditamento precisi, uguali per tutti i Musei del territorio italiano. Criteri che vanno dal modo in cui si redigono le didascalie ai bagni per disabili, fino ad arrivare ai servizi educativi. La Sicilia si deve allineare, ma siamo molto indietro: non si è insediato l’organismo nominato dalla Regione che deve gestire questo passaggio e non è un fatto solo burocratico. È un modo per rilevare le criticità locali e capire come risolverli. Quando un Comune è in dissesto non può nominare un direttore e questo è un criterio per stare nel sistema. Un vecchio mantra è che non ci sono i soldi, ora i soldi ci sono e anche tanti”.
Vengono dal Pnrr, dalla nuova Programmazione europea a gestione soprattutto indiretta su cui la Sicilia può contare, Fesr e Fse, ma anche da fondi nazionali sempre legati alla Programmazione europea come il Piano nazionale cultura che sta per partire.
PALERMO – Nell’aprile del 2021 tra il Comitato italiano di Icom, organizzazione internazionale non governativa che si occupa di Musei, e l’assessorato regionale dei Beni culturali è stato stipulato un protocollo d’intesa i cui punti cardine, tra gli altri, sono il miglioramento degli standard dei Musei siciliani, la realizzazione di studi e ricerche mirate, l’adeguamento e la formazione del personale, ma anche la maggior valorizzazione e promozione.
“È stato aggiornato un documento – spiega il coordinatore regionale Icom Francesco Mannino – che già in passato era stato sottoscritto con obiettivi fissati nel triennio. Possiamo dare delle indicazioni frutto dalla nostra esperienza, ma il confronto, per vari motivi tra cui il Covid, non è stato molto intenso”.
Si dovrà riprendere quindi un’interlocuzione a cui il nuovo assessore Elvira Amata si è detta disponibile. Anche perché non sono di poco conto le criticità da affrontare, tra tutte la mancanza di professionisti. “È un dramma – conferma Mannino – che non ci siano direttori archeologi o storici dell’arte. Per dirigere Musei e aree archeologiche si opta per altre professioni. Il problema è che esiste, davanti a una carenza enorme di organici, un blocco delle assunzioni nel campo delle professioni museali e questo a fronte di eccellenti Università siciliane che producono una quantità impressionante di giovanissimi esperti e professionisti dei beni culturali. Una situazione surreale: ripetiamo che abbiamo un grande patrimonio e poi non ci collochiamo le persone brave che abbiamo formato investendo risorse, nelle Università”.
Una questione che l’assessore Amata vuole affrontare. “Mi serve un po’ di tempo – afferma – per approfondire le tante tematiche che interessano il comparto. Mi sono insediata da poco e non ho ancora il quadro completo. So che non appena manca un direttore di Parco o di Museo viene fatta una manifestazione d’interesse e viene scelta la professionalità migliore. Se non è così lo approfondirò, perché bisogna sempre dare spazio ai migliori, soprattutto in un settore come questo”.
L’obiettivo dell’assessore è esaminare le criticità esistenti negli organici non solo nei Dipartimenti ma anche negli uffici periferici. “Il patrimonio culturale – sostiene – credo che sia il vero motore della Sicilia, la sua principale industria, un motore a cui manca la benzina, quell’energia che viene dalle risorse umane. Bisogna attingere a una forza lavoro giovane, dinamica, che comprenda il nuovo sistema con i parametri dettati da direttive nazionali ed europee che puntano all’inclusività e accessibilità anche attraverso la digitalizzazione e le nuove tecnologie. Se vogliamo fare ripartire la Sicilia dobbiamo ripartire da qui”.
Amata parla di gestione manageriale del sistema e sui bassi numeri della fruizione dei Musei, è molto chiara: “Mi sembrano veramente ridicoli, impensabile vista la ricchezza di cui disponiamo. Occorre fare sistema, bisogna che le Soprintendenze interagiscono, mentre per quanto riguarda i Musei dobbiamo andare verso l’idea dei prestiti, arricchendo le nostre mostre e soprattutto facendo una comunicazione mirata per promuovere gli eventi che devono diventare attrattori capaci di innescare indotto e mettere in moto l’economia. Dobbiamo essere creativi senza campanilismi: bisogna volare alto. Saremo in sintonia con il collega Francesco Paolo Scarpinato (assessore al Turismo, ndr) perché non ci può essere un’offerta turistica se non c’è un’offerta di servizi, riunendo le forze e prendendo come riferimento le migliori esperienze, come quelle che hanno portato alla crescita della Puglia, possiamo rendere protagonisti non noi ma il nostro lavoro e la Sicilia”.
Altra questione da affrontare con urgenza, secondo Mannino, quella della partecipazione culturale: “Un indicatore – ha spiegato – cui fa riferimento l’Istat come punto chiave del benessere di una società. È quando le persone partecipano culturalmente prendendo come dato, insieme ad altri, la fruizione museale. La Sicilia è la regione con la più bassa partecipazione culturale. Influisce la condizione socio economica ma anche la mancanza di condizioni favorevoli messi a disposizione dai luoghi della cultura per attrarre i giovani: dalle attività didattiche mirate ai servizi con gli educatori museali”. Ci sono denaro, competenze professionali e tecnologie, ma come detto ci vuole una visione strategica che metta tutti questi ingredienti in una ricetta perfetta per i Musei siciliani del futuro.