La città e i reperti storici che la raccontano, la città raccontata dal Museo come simbolo di una storia di insediamenti e formazione dell’identità di un popolo.
Questa, in sintesi, l’identità di Agrigento, ci o anche Akragas, nel suo nome originale, fondata dai coloni rodio-cretesi di Gela intorno al 580 a.C.
Una Terra fiorente di colonizzazioni in cui si sono succeduti popoli diversi, ciascuno con un’eredità specifica, ben visibile all’interno del Museo Regionale Pietro Griffo. Cosa racconta il Museo della Città e in che modo la pandemia ha influito sull’afflusso dei visitatori?
Ne parliamo con il dottor Giuseppe Avenia, responsabile del Museo, oggi unità operativa del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei templi.
Dottor Avenia, può descriverci brevemente la tipologia di reperti conservati nel Museo?
“Il Museo racconta la storia dell’antica Agrigento e di un ampio territorio circostante – apre Avenia – Organizzato in diciassette sale, esso racchiude reperti provenienti da Akragas, ma anche da altri siti, come Enna e Caltanissetta – continua Donatella Mangione, funzionario direttivo archeologo – Il visitatore potrà così ammirare reperti di alto valore artistico, come quelli presenti nella sala XI, dedicata alle necropoli agrigentine di recente esplorazione; notevole la presenza, tra gli altri, di sarcofagi a vasca (VI e V secolo a.C.) d’epoca greca, e sarcofagi romani del II e III secolo”.
Un percorso tutto da ammirare e di cui godere esteticamente e culturalmente, costellato di continui colpi di scena artistici, che soffre però delle inevitabili restrizioni governative dettate dalla necessità di fronteggiare la pandemia in corso”.
Dottor Avenia, in seguito ai vari DPCM restrittivi emanati dal Governo, può riferirci di limitazioni specifiche nell’accesso al Museo o di significativi cali di afflusso dei turisti?
“Sicuramente la problematica esiste: innanzitutto adesso i visitatori in ingresso al museo sono obbligati a seguire un percorso tutto in avanti, per evitare di incrociarsi con altre persone. Abbiamo inoltre dovuto chiudere la Sala del Monetiere, troppo angusta per il corretto rispetto delle regole del distanziamento sociale: qui non è possibile regolare il flusso dei passanti, nella misura in cui ingresso e uscita coincidono. Riguardo ai visitatori, a partire da Gennaio 2021, i numeri sono davvero irrisori, essendo aperti, in zona gialla, solo dal Lunedi al Venerdì. Gli agrigentini lavorano durante la settimana – continua Avenia – e non accedono al Museo, mentre abbiamo registrato presenze di turisti stranieri, alcuni provenienti dalla base aeronautica di Sigonella, altri che, lavorando da remoto, vivono in Sicilia e ne approfittano per visitare i nostri reperti”.
Questa pandemia ha influito negativamente sul turismo e la cultura: come pensate di affrontare queste problematiche?
“Ci rincresce molto il calo delle visite e la decisione necessaria di tenere chiusa la Sala del Monetiere nella quale non è possibile garantire il distanziamento – conclude Avenia – Alcune misure, però, sono già in programma per garantire la rapida ripresa delle visite e stimolare l’interesse dei cittadini. Con il direttore del Parco, l’architetto Roberto Sciarratta, stiamo infatti lavorando per coinvolgere sempre più la comunità agrigentina nelle attività del Museo, dando la possibilità a tutti coloro che acquistano la card della Valle dei Templi, di potere accedere liberamente tutti i giorni dell’anno al Museo, pagando un supplemento di soli 5 euro. Stiamo anche lavorando per ripensare gli spazi e la collezione al fine di potere offrire nuove possibilità cognitive e un’esperienza più coinvolgente ai visitatori”.
Angela Ganci