Economia

Nadef 2023, Governo tra la necessità di investire e la delicata situazione della finanza pubblica

La Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) è stata approvata in una situazione economica e finanziaria pubblica certamente più difficile di quella prevista nella scorsa primavera.
Infatti, i primi mesi del 2023 avevano conseguito una buona crescita, mentre nel secondo trimestre è avvenuta una frenata che proseguirà anche nell’ultima parte dell’anno, provocata dalla crescita del fenomeno inflazionistico, nonché dalle conseguenze negative per l’Italia e per tutta l’Europa della guerra di aggressione russa nei confronti del popolo ukraino.

Pertanto il Governo ha abbassato la previsione di crescita del Prodotto interno lordo (Pil) dell’anno in corso dall’1% del Def allo 0,8 % e quella del 2024 dall’1,5 per cento all’1,0 per cento.

Per quanto riguarda invece la finanza pubblica, l’indebitamento dello Stato è stato fortemente aggravato a causa dei bonus edilizi e in particolare del superbonus 110%, varati negli anni scorsi dai governi a guida 5 stelle e questo purtroppo ha già condizionato la Nadef e peserà come un macigno sui conti pubblici dei prossimi quattro anni, in quanto il Governo per onorare quei bonus (che complessivamente sommano oltre 100 miliardi) dovrà spendere circa 20 miliardi all’anno e questo limiterà la possibilità di investire in tanti altri settori che ne avrebbero necessità.

Altra conseguenza di questa situazione è quella di rendere estremamente difficile quella graduale discesa del rapporto debito/Pil su cui esisteva un impegno italiano verso la Ue, e che invece non potrà scendere sotto il 140% fino al 2026.

In termini assoluti, il debito pubblico italiano ha toccato a settembre 2023 la cifra astronomica di 2860 miliardi, e per finanziare tale debito, anche in ragione dell’incremento dei tassi , lo Stato spenderà nel 2023 oltre 82 miliardi di interessi.

Quando molti politici (soprattutto di opposizione) criticano in questi giorni la Nadef dicendo che il Governo dovrebbe spendere molto di più nella sanità, nella scuola, nel ridurre le accise sui carburanti, e chi più ne ha più ne metta, costoro trascurano ahimè il fatto che tutte queste bellissime cose costano molti miliardi e che se fossero realizzate salterebbe qualunque compatibilità della nostra finanza pubblica e lo spread dell’Italia schizzerebbe a numeri da default finanziario (una situazione simile a quella avvenuta nel 2011).

Nella Nadef, pertanto, il Governo Meloni ha individuato con merito un difficile equilibrio tra sostenere il potere d’acquisto soprattutto delle famiglie meno abbienti, realizzare investimenti comunque indispensabili per rafforzare il sistema delle imprese e dall’altro lato mantenere dati di finanza pubblica accettabili, sia dai mercati finanziari che dai controlli della Commissione Ue.

Tuttavia, pur in presenza di un contesto geopolitico e ambientale decisamente complesso, è necessario che il nostro Paese realizzi una crescita molto maggiore rispetto agli anni scorsi.

Per questo obiettivo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) avrà un ruolo decisivo, in quanto soltanto spendendo bene e nei tempi previsti le enormi risorse in esso contenute (complessivamente circa 230 miliardi aggiuntive a quelle nazionali), sarà possibile fare le riforme e ridare slancio e competitività al Paese.

Penso alla riforma della giustizia, a quella della Pubblica Amministrazione che ha avuto ben sei leggi di riforma dal 1990 ad oggi largamente inapplicate, penso al completamento della rete digitale, ad una politica energetica che gradualmente renda il Paese autonomo (per questo obiettivo a mio avviso, accanto al corretto rafforzamento delle energie rinnovabili, va impostata una nuova strategia sul nucleare “pulito”), ma penso anche alle infrastrutture sociali come gli asili – nido, indispensabili per varare una seria politica di lotta alla denatalità, e infine penso alla protezione del territorio nazionale dalle calamità naturali.

Francesco Rosario Averna
Cavaliere del Lavoro