Inchiesta

Centri per l’impiego, non ci credono neanche le Pubbliche amministrazioni, inserzioni inesistenti

Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Quando il pubblico non usa gli strumenti del pubblico. Potrebbe apparire un paradosso e invece è proprio quello che accade in Sicilia. Qui esistono strutture adatte per far incontrare domanda e offerta di lavoro: sono i Centri per l’impiego. In tutto 64 sedi dislocate uniformemente in tutte e 9 le province al cui interno vi è un record di personale impiegato rispetto al resto della Sicilia: parliamo di oltre 1.700 unità in servizio dal costo complessivo di circa 125 milioni di euro l’anno. Eppure questo personale, pagato dal pubblico e che lavora quindi per la collettività, di fatto risulta essere poco utili allo scopo per cui sono stati creati: far incontrare domanda e offerta di lavoro e trovare quindi occupazione ai disoccupati. Inoltre, se da una parte i privati non sfruttano a pieno questo servizio, e non hanno oltretutto alcun obbligo a farlo, dall’altra, neanche il pubblico dà il buon esempio.

Basta dare un semplice sguardo alla “Bacheca lavoro” del sito internet dell’assessorato regionale al Lavoro che raccoglie tutte le offerte di lavoro dei Cpi siciliani; per contratti a tempo determinato figurano 118 proposte dal privato, altri 5 posti sono messi a disposizione dal pubblico; per contratti invece a tempo indeterminato il privato offre 26 posti, per il pubblico altre 40 offerte. Insomma, un totale di 189 opportunità, di cui la miseria di 45 da parte del pubblico (offerti da Asp di Catania e tre istituti scolastici tra Palermo e Catania) che però cozzano di fronte all’enormità di persone che di fatto dovranno essere “accompagnate” all’inserimento lavorativo attraverso il Reddito di cittadinanza.

Dai dati forniti dal ministero del Lavoro ad oggi in Sicilia sono 162.518 coloro i quali hanno avuto accesso a questa indennità: in pratica potrebbero trovare opportunità di lavoro in Sicilia, andando proprio a incrociare i dati con le offerte di lavoro dei Cpi, appena lo 0,11% di chi è entrato nella sfera del reddito di cittadinanza.

Appaiono quindi in assoluto contrasto questi numeri, situazione che ovviamente alimenta ancora di più i dubbi sulla reale funzionalità dei 429 navigator (assistenti dei Cpi che dovranno fare da tutor a chi cerca lavoro e ha avuto accesso reddito di cittadinanza) e che oltretutto avranno un costo importante: 60 milioni di euro, secondo le stime del ministero del Lavoro, in due anni di contratto.

Dicevamo, resta sicuramente la perplessità di come neanche gli enti pubblici utilizzino lo strumento dei Cpi. Tendenza che è stata sempre questa, cioè di non utilizzare questi uffici nati e pagati dalla collettività proprio per svolgere la funzione di “trova lavoro”.

I riscontri sono disastrosi: l’Anpal, l’agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro collegata al ministero del Lavoro, attesta che in Sicilia circa il 2% degli iscritti ai Cpi trova un impiego. Una beffa che lascia perplessi anche per un secondo aspetto, alimentando i sospetti attorno agli enti pubblici: nei decenni, come sono stati scelti le migliaia di precari che vi gravitano attorno? Con quali criteri e modalità? Resta il dubbio sicuramente sulla trasparenza. Ci si è affidati alla mentalità di una politica clientelare sempre pronta a cercare consensi facendo leva sulla necessità del siciliano? O forse adattandosi alla mentalità del siciliano medio, in cerca dei classici lavori nel pubblico impiego per avere il più classico dei “posti sicuri”.

Sotto questo aspetto ci sono altri numeri monstre: dall’ultima ricognizione fatta dall’assessorato regionale al Lavoro, nell’elenco spuntano ben 20.795 precari impiegati in Comuni, Asp, cooperative, associazioni e partecipate collegate a vario titolo a enti pubblici, Iacp, ex Province, Irsap, Asp, parrocchie, università, consorzi di bonifica, Ipab, Camere di commercio ed enti parco.

Senza contare l’altro esercito di precari che rientrano nelle file dei forestali, anch’essi precari perché lavorano per poche giornate lavorative l’anno (da 78 a 151 giorni): se ne contano ben 20.895 dall’ultima ricognizione fatta dall’assessorato regionale all’Agricoltura al 31 dicembre 2018. Parliamo quindi di una Sicilia zeppa di gente inserita non si sa bene come e perché nelle file degli enti pubblici: ben 41.690 unità. E di virtù e curriculum, magari passando proprio dai Centri per l’impiego, neanche a parlarne: ciò accade mentre in Sicilia si contano ben 376.000 disoccupati che evidentemente non hanno avuto le stesse possibilità.


Salvatrice Rizzo, dirigente e coordinatrice di tutti i Centri per l’impiego di Catania
La burocrazia che affossa, “Cpi appesantiti da numerose mansioni”

I Centri per l’impiego siciliani oberati di lavoro ed iper-burocratizzati. In pratica sommersi di scartoffie con i dipendenti costretti quindi a distogliere il loro tempo sulla vera mission, quella cioè di far incontrare domanda e offerta di lavoro. è quasi un pensiero unico quello che accumuna i dirigenti di queste strutture in Sicilia e il mondo delle associazioni di categoria di imprese e servizi.

“È assurdo paragonare le strutture dei Cpi della Sicilia con quelle del Nord – afferma Salvatrice Rizzo, dirigente e coordinatrice di tutti i Cpi di Catania e provincia -. Le nostre strutture fanno tantissime attività in più, una fra tutte le graduatorie. ogni anno. delle migliaia di forestali”. Effettivamente si contano ben 36 mansioni assegnate a questi centri: “è fisiologico che con questo carico – evidenzia la Rizzo -si debba tralasciare qualcos’altro. Ma sia chiaro che comunque questo incrocio tra domanda e offerta viene assolutamente fatto.

Abbiamo assolutamente il polso della situazione, sappiamo benissimo quali sono le esigenze delle imprese sul mercato del lavoro. Solo il Cpi di Catania nell’ultimo anno ha effettuato ben duemila tirocini attraverso le imprese, quindi ci siamo confrontati con questo gran numero di aziende di cui conosciamo le necessità. Perchè le pmi sfruttano poco i Cpi? Probabilmente un fattore culturale, certamente non li possiamo obbligare”.

Chi quotidianamente è a stretto contatto con i Cpi siciliani sono le associazioni di categoria, tra queste Confesercenti che oltretutto è accreditata come agenzia per il lavoro e dunque ha un rapporto quantomeno burocratico quasi quotidiano: “Da noi si è rivolta utenza consigliata direttamente dagli impiegati dei Cpi – rivela Vincenzo Lo Monte, coordinatore dell’area lavoro di Palermo della Confesercenti -. Non colpevolizziamo nessuno, anzi con i Centri per l’impiego abbiamo un’ottima collaborazione. Il dato di fatto è però che queste strutture scontano anzitutto un’eccessiva burocratizzazione del sistema che finisce con l’appesantire il lavoro quotidiano dell’impiegato. Poi non aiuta sicuramente la cultura meridionale dove per dare quel poco di lavoro disponibile ci si affida a conoscenze dirette o quasi”.


Cobas e Sadirs: “Prima valorizzare il personale interno”
La Regione mai sazia “Cpi da potenziare”
Scavone: “Presto un bando per mille funzionari”

La Regione siciliana non sembra essere mai sazia. Nonostante di fatto i Cpi siano stracolmi di personale (record in Italia), non abbiano grandi mole di lavoro e il sistema faccia acqua da tutte le parti, comunque si parla di un loro potenziamento. Le perplessità restano sempre quelle di cosa si debba potenziare se di fatto il “lavoro”, cioè le offerte di pubblico e privato, materialmente manchino.

L’assessore regionale al Lavoro, Antonio Scavone, ha preannunciato la predisposizione di bandi di concorso per oltre mille funzionari. Nel frattempo prosegue anche l’inserimento dei navigator: “Chi ha già svolto un primo percorso di formazione durante il mese di agosto – evidenzia Scavone – prosegue questo mese di settembre anche attraverso percorsi di affiancamento degli operatori dei Cpi”. Riguardo poi alla messa a sistema del Reddito di cittadinanza l’assessore garantisce che la Sicilia è in perfetta linea con il resto d’Italia: “Così come nel resto d’Italia – precisa – completeremo le convocazioni dei beneficiari del RdC entro il mese di settembre, mentre la loro presa in carico sarà definita entro il prossimo 15 dicembre”.

Intanto però c’è chi vuole vederci chiaro attorno a questo “potenziamento” dei Cpi siciliani e frena sui concorsi: “Presso l’assessorato regionale al Lavoro – sostengono Cobas-Codir e Sadirs – insistono già centinaia di unità di personale in possesso della professionalità richiesta ma senza un inquadramento adeguato a ricoprire tali incarichi, sebbene da oltre un decennio svolgono mansioni superiori a quelle previste”. Le due organizzazioni di categoria quindi chiedono un incontro con il governo regionale che sollecitano di andare cauto prima di fare nuove assunzioni.