JOKER
Regia di Todd Philips. Con Joaquin Phoenix (Arthur Fleck/Joker), Robert De Niro (Murray Franklin), Frances Conroy (Penny Fleck)
Usa 2019, 122’.
Distribuzione: Warner Bros Italia
Dalle commedie demenziali ai festival – e ai riconoscimenti – internazionali. Dopo Peter Farrelly e il suo “Green Book”, l’incredibile parabola tocca adesso a Todd Philips (la trilogia di “Una notte da leoni” e “Parto col folle” i suoi precedenti successi), a dimostrazione di come all’interno dell’industria di Hollywood (e non ci sarebbe bisogno di scomodare la filmografia di Billy Wilder) certe etichette siano del tutto fuori luogo.
Quanto allo specifico tecnico, poi, “Joker” ha senz’altro molti pregi, ma tra questi non gli si può riconoscere una pregnante originalità stilistica. Il film, infatti, corrisponde ciecamente ai canoni narrativi ed estetici del cinecomic, comprese certe semplificazioni psicologiche o sviluppi di trama eccessivamente veloci, e forse anche per questo continua a incontrare il plauso del pubblico in sala.
Intelligentissimo, il regista ha rifiutato qualsiasi tentazione o riflessione metacinematografica (e un film con un protagonista/maschera ne offre un’infinità), lavorando esclusivamente sul corpo e sul volto di Joaquin Phoenix, con primissimi piani in cui non si perde alcuna sfumatura d’espressione e con campi più larghi laddove la danza dell’attore incontra il paesaggio urbano degradato e degradante di Gotham, trasformando il kaos originario in un kosmos di inebriante e purificante violenza.
Parte sustanziale, prodotto e simbolo allo stesso tempo, di un contesto sociale nel quale non sembra sopravvivere alcuna possibilità di sviluppo della persona, nemmeno organizzato (e anche questo, a ben vedere, è un tratto identitario del fumetto americano), Joker è figura archetipica e innesca meccanismi di tragica empatia, ma la sua emancipazione violenta, sebbene plasticamente molto potente, risulta soprattutto nella seconda parte della sceneggiatura abbastanza didascalica.
Ingombrante ma di grande fascinazione la presenza di De Niro, tramite la quale il regista esprime una vocazione cinefila e prova a stringere un rapporto di filiazione col modello scorsesiano. D’altro canto, il lavoro sulla paranoia sociale e il disturbo mentale fatto da Phoenix sul personaggio di Joker rimanda in maniera esplicita a film come “Re per una notte” e “Taxi Driver”.
Voto: ☺☺☺☻☻