Inchiesta

Nello, l’ex presidente che fu nominato ministro e dimenticò i cinque anni alla guida della Sicilia

ROMA – Il Governo nazionale ha celebrato proprio questa settimana i due anni di attività, tra le dichiarazioni d’ordinanza dei rappresentanti dell’Esecutivo, che neanche a dirlo si sono detti soddisfatti del lavoro svolto finora, e quelle delle opposizioni che hanno bocciato senza remora i due anni di Giorgia Meloni come premier.

Tra tutti i rappresentanti del Governo, però, vogliamo concentrarci in particolare su uno dei suoi esponenti siciliani, che come Quotidiano di Sicilia abbiamo negli anni imparato a conoscere bene, soprattutto dal 2017 al 2022, quando ha ricoperto la carica di presidente dell’Isola. Stiamo ovviamente parlando di Nello Musumeci, attualmente ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, che da quando è approdato a Roma sembra quasi aver dimenticato i suoi trascorsi palermitani.

Anni senza dubbio difficili quelli di Musumeci alla Regione, caratterizzati dalle problematiche legate alla pandemia da Covid-19, ma quando sentiamo il ministro parlare di quello che non è stato fatto nell’Isola per trovare una soluzione definitiva al problema dei rifiuti o ricordare da quanto tempo non si prendono provvedimenti seri sul fronte della gestione delle risorse idriche, ci viene davvero difficile nascondere un amaro sorriso, poiché sembra quasi parlare di sé stesso e di quello che, purtroppo, avrebbe potuto fare e non ha fatto (o ha fatto soltanto in parte).

Certo, a Nello Musumeci non può attribuirsi la responsabilità esclusiva delle condizioni in cui verte la Sicilia ma se guardiamo ai fatti, numeri alla mano, non possiamo certo dire che abbia contribuito a far uscire la nostra Isola dalla situazione di sottosviluppo e di fragilità economica e produttiva in cui si trova. Il passato, insomma, ritorna e condiziona il presente e il futuro. E fare finta di nulla non migliora certo la situazione.

Siccità, la conseguenza di troppi “faremo”

La grave carenza idrica che ha colpito la Sicilia nel corso di questa estate e che continua a far soffrire moltissime zone dell’Isola, è il prodotto di numerosi rinvii, di un’inefficienza che parte da lontano e di tanto, troppo procrastinare.

Le reti idriche colabrodo sono state al centro di tantissime inchieste del Quotidiano di Sicilia: il dato, relativo alla “perdita” di oltre metà dell’acqua che finisce nel sottosuolo ancor prima di essere utilizzata, è noto da tempo. “Reti colabrodo e acqua a singhiozzo, in Sicilia un servizio idrico indegno di un Paese civile”: lo scrivevamo nel 2019 rilevando un deficit che nessun Governo è riuscito a colmare visto che gli investimenti nel settore delle infrastrutture idriche sono stati sempre più elevati nel Centro-Nord rispetto al Mezzogiorno, con una differenza che vale più del doppio.

Mentre la Regione siciliana, nella passata legislatura, ha cercato di correre ai ripari con interventi mirati, seppur sporadici (anziché lavorare a un Piano strutturale per la manutenzione), la vera grande opportunità per premere l’acceleratore sul recupero del disavanzo siciliano in termini di approvvigionamento idrico ci è stata offerta dal Pnrr.

Un’opportunità, quella concessa dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che non è stata subito colta. Nell’agosto del 2022, per esempio, proprio alla Sicilia, regione con le più vaste perdite idriche, nell’ordine in media del 50%, è stato concesso solo il 3% dei 607 milioni, a valere sul Pnrr, che il Mims ha annunciato in pompa magna come stanziamento eccezionale per ridurre gli sprechi nelle reti colabrodo. Questo perché i progetti siciliani sono usciti sconfitti dalla competizione con quelli delle altre regioni, ottenendo un punteggio inferiore alle proposte stilate da tecnici toscani o lombardi e dunque non riuscendo a entrare in una posizione utile per ottenere i fondi. Il “water gap”, ossia il divario infrastrutturale esistente tra il Nord e l’Isola, è destinato a crescere ancora e principalmente, come si può facilmente dedurre, per una delle più gravi emergenze meridionali in atto: la scarsa presenza di personale competente nelle Pubbliche amministrazioni (partecipate comprese) del Sud.

A fronte di tutto questo, negli ultimi mesi il ministro Musumeci ha cercato di mettere in atto misure straordinarie per intervenire dove lui stesso non è intervenuto da presidente della Regione.

“Munnizza”, l’emergenza cronica che continua a peggiorare

La gestione dei Rifiuti solidi urbani in Sicilia non trova soluzione: i 391 Comuni non sanno più dove portare le oltre 2 milioni di tonnellate prodotte dai circa 5 milioni di siciliani e per questo l’immondizia siciliana ha cominciato a riempire le navi che sono andate in Olanda, Germania, Turchia e in altri luoghi che hanno accettato questo invio facendosi pagare a caro prezzo.

C’è da considerare, però, che altrove gli scarti prodotti in Sicilia vengono utilizzati anche per altro, ovvero alimentare gli impianti industriali a base di Rsu che qui nell’Isola sono stati promessi per anni ma non sono mai stati realizzati a causa di chi ha governato la Sicilia nell’ultimo ventennio, soprattutto negli ultimi anni.

Ancora una volta, non possiamo che tirare in ballo l’attuale ministro Musumeci, che in qualità di presidente della Regione sui termovalorizzatori non ha mai realizzato quanto promesso.

Riportiamo, a tal proposito, un estratto dell’editoriale del nostro direttore, Carlo Alberto Tregua, del 15 agosto scorso: “Quando egli (Musumeci, ndr) venne al rituale Forum con questo giornale, pubblicato il 12 marzo 2018, tra gli impegni che riferì di avere assunto tassativamente vi era la costruzione urgente di due termovalorizzatori, oggi – con le nuove tecnologie quasi senza scarichi – denominati termocombustori. Se avesse pubblicato i bandi di livello europeo, oltre che nazionale, avrebbe potuto aggiudicarli in pochi mesi. Sarebbero stati costruiti in due-tre anni, il che significa che noi avremmo avuto tali impianti perfettamente funzionanti, diciamo dal 2021. Non avere provveduto all’iter prima indicato è una grave responsabilità che sta provocando salassi a non finire alle casse dei Comuni, con un’ulteriore gravissima conseguenza. Di che si tratta? I rifiuti, consegnati prima in discarica e poi – se ci fossero stati – nei termocombustori, graverebbero di un costo intorno a 130-140 euro per tonnellata. Invece il turismo dei rifiuti costa ai Comuni intorno a 400 euro”.

“Intendiamoci – ha concluso il nostro direttore – nessuno me ne voglia per quello che scrivo, in quanto non c’è nulla di personale, mentre manteniamo intatto il rispetto umano. Ma nessuno ci può impedire – anche se qualcuno in questi quarantacinque anni lo ha fatto senza avere successo – di dire le cose come stanno”.

Anche da questo punto di vista, quindi, le responsabilità non possono certamente essere tutte di Musumeci, ma è indubbio che una parte di essa gravi anche sulle spalle dell’ex presidente della Regione.

La situazione economica

“Il Paese è fermo, il Sud in recessione. Le due Italie si allontanano sempre di più”. Il 2022, ultimo anno della Presidenza Musumeci si è chiuso con questo rapporto shock della Svimez che ha certificato previsioni tutt’altro che rosee per il nostro Paese e in particolare per il Mezzogiorno.

Nulla di quanto è stato prospettato dalla precedente Amministrazione regionale, in termini di crescita e sviluppo, si è concretizzato. E a condizionare i numeri non è stata soltanto l’emergenza pandemica ma un tessuto produttivo che non ha ricevuto adeguati stimoli e che non è riuscito a uscire da quella condizione di fragilità estrema che lo contraddistingue da sempre.

Insomma, il passaggio da presidente della Regione a ministro della Repubblica è servito sicuramente a Nello Musumeci per guardare le cose da una prospettiva più ampia e guardando la Sicilia da più lontano, forse, gli è stato più semplice rendersi conto del quadro d’insieme. Un quadro fatto di promesse infrante, investimenti mai fatti, infrastrutture carenti e disagi a non finire per la popolazione. Tutte condizioni che in qualità di ex presidente avrebbe potuto contribuire a migliorare ma evidentemente, per tante ragioni, non è riuscito a farlo.