La questione dell’evasione fiscale è primaria nel nostro Paese per chi vìola il principio costituzionale di eguaglianza fra i cittadini (articolo 3) e il principio etico secondo cui ognuno di essi deve fare la propria parte per sostenere la Comunità.
Ne abbiamo più volte scritto, ma ci ritorniamo perché non è sopportabile un’evasione stimata da molte parti in oltre cento miliardi per anno, che si somma all’estesa corruzione, forse di altri cento miliardi.
Secondo le leggi in vigore, la Guardia di Finanza può controllare i conti correnti e i conti titoli di ogni contribuente, nonché quelli delle imprese. I controlli, però, sono fatti a campione, per cui gli evasori fanno un calcolo di probabilità di essere scoperti. Siccome la probabilità è bassa (vicina allo zero) tentano la sorte ed evadono.
Non si capisce perché con la estesa digitalizzazione e con l’aumentata potenza degli elaboratori, non si possa passare dalla campionatura al controllo totale.
Ci spieghiamo meglio. Se Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate mettessero sotto controllo indistintamente tutti, ma proprio tutti, i conti bancari e i conti titoli, confrontandoli con le dichiarazioni dei redditi, potrebbero rilevare la congruità delle spese sostenute rispetto ai redditi netti percepiti e quindi al tenore di vita del soggetto.
Agendo in tal modo si eliminerebbe del tutto la probabilità di non essere scoperti ed emergerebbe la ricchezza nascosta del Paese, vale a dire quella parte che i contribuenti spendono senza averla incassata, almeno ufficialmente. Dunque, i mezzi ci sono e non si capisce perché non vengano messi in atto.
In quello che scriviamo c’è un ostacolo: la privacy. È vero che i dati sensibili di ogni cittadino vanno tutelati, non sbandierati ai quattro venti per evitare che vengano utilizzati indebitamente. Ma è anche vero che tutte le grandi compagnie mondiali, da Google ad Apple, da Facebook a Tik Tok, hanno serbatoi di dati immensi, per cui tutti i cittadini del mondo che utilizzano Internet (la stragrande maggioranza) di fatto hanno consegnato i propri dati alle grandi compagnie che li utilizzano per fini economici e non solo.
La conseguenza di quanto scriviamo è che si forma una discrasia fra la tutela dei dati nei confronti dell’amministrazione finanziaria, che così non riesce a scoprire tutti, ma proprio tutti, gli evasori e invece queste grandi compagnie che sono in possesso dei dati dei cittadini del mondo, i quali li hanno consegnati spontaneamente e volontariamente per i loro bisogni.
Questo fatto non è più sopportabile. Non vi può essere alcuna privacy che impedisca al Fisco di trovare tutte le materie imponibili e di tassarle incassando le relative imposte.
Non solo, ma le sanzioni dovrebbero essere inasprite adeguatamente e i processi dovrebbero essere tenuti per direttissima.
Insomma, non lasciare scampo agli evasori eliminando ogni convenienza a non pagare il dovuto allo Stato. Solo così, oltre a un riequilibrio del bilancio dello stesso, si estenderebbe la regola etica dell’eguaglianza fra i cittadini.
La questione che poniamo si farà sentire ancor più dal prossimo anno e dai seguenti, perché ritornerà in vigore la regola del pareggio di bilancio e la necessità di far bastare le entrate per tutte le uscite pubbliche.
L’emergenza Covid ha creato nella mente della gente e del Governo l’ipotesi che l’attuale situazione di larghezza delle spese possa continuare. Non è così. Bisogna tener conto dello stop della Commissione europea e dei continui avvertimenti del commissario Gentiloni in questa situazione: “Attenzione perché l’allargamento della borsa pubblica è a termine”. Bisogna quindi pensarci per tempo per ricondurre alla normalità una situazione che è degenerata per effetto dell’epidemia.
Dobbiamo ricordare quando si sono aperti dibattiti infiniti sulla possibilità di sforare il 2 o il 2,2 per cento del bilancio dello Stato. Figuriamoci adesso che lo sforamento è di molti punti percentuali.
Non vogliamo dare auspici neri, ma mettere in guardia i cittadini dall’euforia della spesa facile. È un nostro dovere.