L’intelligenza artificiale è impiegata in diverse applicazioni come l’interpretazione del parlato, il riconoscimento di immagini e la diagnostica medica, ma è stato anche dimostrato che, tramite le tecnologie quantistiche, si può avere un potere di calcolo superiore a quello dei maggiori supercalcolatori.
Alcuni fisici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), del Politecnico di Milano e dell’Università di Vienna, hanno infatti messo a punto un dispositivo, chiamato quantum memristor, che potrebbe permettere di combinare l’intelligenza artificiale e il calcolo quantistico, schiudendo potenzialità senza precedenti.
L’esperimento è stato realizzato in un processore quantistico integrato, funzionante con singoli fotoni. Il lavoro è stato pubblicato su Nature Photonics e ha ricevuto la copertina del numero di aprile della rivista.
Gli algoritmi di intelligenza artificiale si basano su modelli matematici chiamati reti neurali, ispirati alla struttura biologica del cervello umano, che si compone di nodi interconnessi (i neuroni).
Così come nel nostro cervello il processo di apprendimento è basato sul riarrangiamento delle connessioni tra i neuroni, le reti neurali artificiali possono essere ‘allenate’ su un insieme di dati noti che ne modificano la struttura interna, rendendola capace di svolgere compiti tipici dell’uomo quali il riconoscimento di un volto, l’interpretazione di immagini mediche per diagnosticare malattie e persino la guida di un’automobile.
Per questo, sono in corso attività di ricerca, a livello accademico e industriale, volte a ottenere dispositivi integrati e compatti capaci di svolgere le operazioni matematiche richieste per il funzionamento delle reti neurali in modo rapido ed efficiente.
Un punto di svolta in questo campo è stata la scoperta del memory-resistor o memristor, un componente che cambia la sua resistenza elettrica sulla base di una memoria della corrente che l’ha attraversato. Gli scienziati si sono accorti che tale funzionamento è sorprendentemente simile a quello delle sinapsi neurali, cioè i collegamenti tra i neuroni nel cervello, e il memristor è diventato un componente fondamentale con cui costruire architetture neuromorfe, cioè forgiate a modello del nostro cervello.
Un gruppo di fisici sperimentali guidati da Roberto Osellame, dirigente di ricerca dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn), e Philip Walther, professore dell’Università di Vienna, in collaborazione con Andrea Crespi, professore associato del Politecnico di Milano, ha dimostrato che è possibile ingegnerizzare un dispositivo ottico con le stesse caratteristiche funzionali del memristor, capace di operare su stati quantistici della luce e così codificare e trasmettere informazioni quantistiche: un quantum memristor.
“Realizzare un tale dispositivo non è banale, poiché le dinamiche del memristor tenderebbero a compromettere alcuni aspetti vantaggiosi dei dispositivi quantistici. I nostri ricercatori hanno superato questa sfida impiegando singoli fotoni (singole particelle di luce) e sfruttando la loro possibilità quantistica di propagarsi simultaneamente in due o più percorsi”, ha osservato Osellame in una nota.
“Questi fotoni sono condotti in cosiddetti circuiti ottici, fabbricati mediante impulsi laser in un chip di vetro, dinamicamente riconfigurabili, che possono supportare stati quantistici di sovrapposizione su diversi percorsi. Misurando il flusso di fotoni che si propaga su uno di questi percorsi è possibile, tramite un complesso schema di feedback elettronico, riconfigurare la trasmissione del dispositivo sull’altra uscita, e questo consente di ottenere una funzionalità equivalente a quella del memristor”.