PALERMO – Un anno e mezzo fa l’istituzione di un tavolo tecnico per discutere della condizione disastrosa in cui versa il settore della formazione professionale. Sempre nello stesso periodo, a giugno dello scorso anno, si svolgeva il click day dell’Avviso 2, il giorno della cosiddetta rinascita della formazione in Sicilia, dopo quasi 3 anni.
Un auspicio che si è concretizzato in una bolla di sapone, con nessuna prospettiva per il futuro e i fondi dell’avviso bloccati in una burocrazia farraginosa.
“Sono migliaia i lavoratori della formazione professionale siciliana, degli interventi formativi e sportelli multifunzionali – dice Sandro Cardinale, degli USB – licenziati da oltre 5 anni da una politica cinica e senza scrupoli, responsabile di aver fatto piombare nell’oblio oltre 5 mila madri e padri di famiglia. Dopo le diverse iniziative di lotta, si è arrivati all’apertura di un tavolo di confronto, presso il Ministero del Lavoro che da oltre un anno e mezzo non ha sortito nulla”.
Ma le promesse fatte dall’allora Ministro del Lavoro Di Maio il 13 luglio 2018 hanno portato ad un nulla di fatto. “Di contro – continua Cardinale – abbiamo un governo regionale che latita e gioca scarica barile con il governo nazionale. Alla luce di tutto questo quasi tutte le organizzazioni sindacali aziendali presenti, con grande atto di responsabilità, hanno deciso di fare fronte comune per cercare di risolvere la vertenza definitivamente, fornendo una piattaforma con diverse proposte a tutela di tutto il bacino”.
É stato quindi deciso di fissare una mobilitazione regionale massiccia per il giorno 27 novembre 2019 ore 9.00 presso la Presidenza della Regione Siciliana. Un modo per lanciare un grido di aiuto, in nome degli oltre 8000 lavoratori in attesa di risposte. Tante le soluzioni proposte, ma nulla è giunto ad un risultato: i prepensionamenti che la Regione aveva concordato nei mesi scorsi con il governo nazionale sono in fase di stand-by. Restano quindi appesi ad un filo i circa 1.500 lavoratori degli enti di formazione che aspiravano ad andare in pensione prima, uscendo quindi da un sistema che oggi come oggi non può più essere sorretto per i suoi enormi costi.
Erano stati due i percorsi individuati dalla Regione e che avevano trovato l’ok ufficioso da Roma: uno era per l’appunto quello del prepensionamento per i nati fra il 1951 e il 1953 a carico dello Stato; per i nati fra il ‘54 e il ‘56 invece il prepensionamento sarebbe stato a carico della Regione con 50 milioni stanziati. L’altro era invece quello di promuovere forme di incentivo attraverso un bando per la fuoriuscita da questo bacino e la realizzazione di attività in proprio.
Con questa operazione il governo siciliano aveva previsto complessivamente uno sfoltimento del settore di 2.500 dipendenti. Il silenzio calato su questa operazione, una forma di tacito assenso a quello stato di crisi del settore che non è mai stato dichiarato ufficialmente.
“C’è da recuperare un ritardo storico, non legato a questo governo regionale, – afferma Marziano – e di riallineare la Sicilia alle altre Regioni. Questo è lo sforzo che stiamo facendo per rimettere in sesto questo settore e far sì che, dopo le note vicende giudiziarie, si possa ripartire. Servirà una cura dimagrante e un processo risanamento ma poi dobbiamo rafforzare e stabilizzare”.
Da un recente controllo della situazione generale è stato acclarato che il personale che orbita attorno alla formazione in Sicilia è passato dai 5 mila dipendenti assunti nei vari enti nel 2000 agli attuali 9 mila e 200, così come è stato appurato dal Dipartimento della Formazione professionale e anche dai sindacati.