ROMA – Sono diverse le novità in materia di contenzioso tributario introdotte, prima, con la legge n. 130 del 31 agosto 2022 (Riforma del contenzioso tributario) , e poi con la recente “riforma della riforma” del contenzioso in materia fiscale avvenuta con la pubblicazione del Decreto Legislativo n. 220 del 30 dicembre 2023 in attuazione della legge delega n. 111 del 9 agosto 2023.
Tra queste novità ne evidenziamo alcune. L’art. 1 del Decrteto Legislativo 220 del dicembre 2023, modificando l’articolo 47 del Decreto Legislativo 546 del 1992, ha previsto una grossa novità in materia di contenzioso, volta sicuramente ad aumentare le garanzie di difesa dei cittadini.
La predetta norma, infatti, ha consentito, a decorrere dal 4 gennaio 2024, e solo per i giudizi instaurati in primo o in secondo grado a partire da detta data, l’impugnabilità dell’Ordinanza cautelare emesse dal Giudice di primo grado.
Più in particolare, il citato articolo 1, al comma 1, modificando l’articolo 47 del Decreto sul Contenzioso Tributario, ha previsto infatti che “b) il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «L’ordinanza è immediatamente comunicata alle parti. L’ordinanza cautelare collegiale è impugnabile innanzi alla corte di giustizia tributaria di secondo grado entro il termine perentorio di quindici giorni dalla sua comunicazione da parte della segreteria. Al procedimento si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4, in quanto compatibili. L’ordinanza cautelare del giudice monocratico è impugnabile solo con reclamo innanzi alla medesima corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione collegiale, da notificare alle altre parti costituite nel termine perentorio di quindici giorni dalla sua comunicazione da parte della segreteria. Al procedimento d’impugnazione si applicano le norme di cui ai commi 2, 3, 4, 5 e 6, in quanto compatibili, e l’ordinanza che decide sul reclamo non è impugnabile. L’ordinanza cautelare della corte di giustizia tributaria di secondo grado non è impugnabile”.
Ed ancora, aggiungendo l’articolo 47 ter al citato decreto legislativo 546/92, ha stabilito pure che “Art. 47-ter – (Definizione del giudizio in esito alla domanda di sospensione). – 1. Escluso il caso di pronuncia su reclamo, il collegio, in sede di decisione della domanda cautelare, trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi del comma 3, salvo che una delle parti dichiari di voler proporre motivi aggiunti ovvero regolamento di giurisdizione. Ove ne ricorrano i presupposti, il collegio dispone l’integrazione del contraddittorio o il rinvio per consentire la proposizione di motivi aggiunti ovvero del regolamento di giurisdizione, fissando contestualmente la data per il prosieguo della trattazione. – 2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche quando la domanda cautelare è proposta innanzi al giudice monocratico. 3. Il giudice decide con sentenza in forma semplificata quando ravvisa la manifesta fondatezza, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, a un precedente conforme”.
Quindi, dal 4 gennaio scorso, contrariamente al passato, dinanzi ad un’ordinanza che nega la sospensione cautelare, il contribuente può appellarsi in secondo grado. Non potrà mai andare, però, in Cassazione.
Al fine di velocizzare il processo cautelare, la nuova norma prevede pure che l’ordinanza cautelare deve essere comunicata “immediatamente” e che l’eventuale l’impugnazione deve avvenire entro il termine perentorio di quindici giorni.
Altra novità di rilievo, introdotta però quasi due anni fa, con la legge di riforma del contenzioso, la legge n.130 del 31 agosto 2022, riguarda la possibilità di utilizzare la prova testimoniale, una cosa che fino alla data di entrata in vigore della predetta disposizione legislativa era assolutamente impensabile in materia fiscale.
Più specificatamente, con la citata legge 130/2022, è stato modificato il comma 4 dell’art. 7, D.Lgs. n. 546/1992, sostituendo la laconica previsione di inammissibilità del giuramento e della prova testimoniale dell’originale formulazione della norma, con una piuttosto articolata disciplina, che continua a non consentire il giuramento del testimone, ma che introduce, finalmente, seppure con alcune limitazioni, la prova testimoniale nel processo tributario.
L’articolo 4, comma 1, lettera c), della predetta legge 130, stabilisce in articolare che “4. Non è ammesso il giuramento. La corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l’accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all’articolo 257-bis del codice di procedura civile. Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale”.
In pratica, fermo restando il divieto di testimonianza, e sempre che la Corte di Giustizia Tributaria lo ritenga necessario (anche senza l’accordo delle parti), la prova testimoniale è ammessa, ma con le regole dell’articolo 257 bis del codice di procedura civile, articolo (che, contrariamente al giudizio tributario, in sede di processo civile prevede il giuramento) il quale, al riguardo, dice che “Il giudice, con il provvedimento di cui al primo comma, dispone che la parte che ha richiesto l’assunzione predisponga il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi e lo faccia notificare al testimone. Il testimone rende la deposizione compilando il modello di testimonianza in ogni sua parte, con risposta separata a ciascuno dei quesiti, e precisa quali sono quelli cui non è in grado di rispondere, indicandone la ragione”.
Quindi, in materia tributaria, qualora la Corte di Giustizia Tributaria lo ritenga necessario, la testimonianza è ammessa, ma solo per iscritto, compilando un apposito modello relativamente al quale la citata “riforma della riforma” del contenzioso, quella di cui al Decreto legislativo 220 del 20 dicembre 2023, ha stabilito che venga stilato e pubblicato nel proprio sito istituzionale dal Mef a seguiti di un suo apposito decreto.
Tale modello, tuttavia, non è stato ancora predisposto, per cui, in sede di risposte fornite a “Telefisco”, il ministero ha deciso di ammettere l’adozione del modello già esistente in sede di processo civile, seppure con le necessarie modifiche che la diversa materia (il tributario) richiede, sbloccando, di fatto, l’istituto della prova testimoniale in sede di contenzioso tributario.