Intervistata dal vice presidente Filippo Anastasi, l’assessore regionale Nuccia Albano risponde alle domande del QdS.
Il contrasto alla violenza sulle donne è una partita che si gioca soprattutto sul piano culturale: quale messaggio vuole dare ai siciliani?
“È un fenomeno drammatico e in crescita, rilevato da studi nazionali, e la Sicilia ha questo triste primato in omicidi femminili. È un fenomeno culturale e si deve cominciare dalla scuola a insegnare il rispetto per le donne. Perché, altrimenti, la vita nelle famiglie porterà a situazioni infernali, in particolare per i figli. Perciò, le ferite inferte ai bambini in queste famiglie saranno portate da loro per tutta la vita e diventeranno violenti a loro volta. Un provvedimento interessante già in atto al Nord Italia è la cura del maltrattante, perché occorre non soltanto proteggere la donna, ma recuperare il soggetto che si porta sicuramente un disagio che va curato o riprenderà a essere violento. Le pene, però, devono essere più severe”.
Cosa può fare il suo assessorato in questo campo?
“Un esempio è la messa di Natale svoltasi il 23 dicembre, per il quale mi sono procurata a mie spese una panchina che è stata dipinta di rosso. È stata collocata nel piazzale antistante il mio assessorato, mettendo una buca delle lettere così da spingere qualcuno a confessare. Poi, vorrei creare un team di esperti tra avvocati e psicologi per dare risposte più incisive. Un altro aspetto che vorrei affrontare è il lavoro: queste situazioni, a volte, si verificano perché le donne non hanno un lavoro e hanno paura di denunciare, temendo di perdere il sostentamento. Per questo vorrei fare una proposta alle aziende, affinché le donne vittime di violenza siano ingaggiate una ogni dieci assunti. Poi, l’assessorato dispone di fondi appositi e a dicembre abbiamo erogato qualche milione di euro, per cui hanno potuto attingere a queste risorse attraverso i voucher dati dai Comuni. Infine, possiamo fornire formazione per il lavoro a queste donne che, spesso, vengono dalle fasce medio-basse”.
La Sicilia sconta le carenze di un sistema di formazione regionale da sempre scollegato dai centri per l’impiego e su questo lei ha promesso interventi risolutivi: cosa si può fare per colmare il gap di competenze di cui soffre la Sicilia?
“La formazione non ha funzionato, pur essendo questo un assessorato dotato di grandi risorse fornite dall’Europa e dallo Stato. I soldi, quindi, ci sono ma devono essere utilizzati bene in modo da lasciare un segno. Finora sono stati sfornati per anni parrucchieri e pizzaioli, che non possono essere assorbiti dal mercato. Per evitare questo, occorre convocare un tavolo con le associazioni datoriali per fornire al mercato le figure richieste”.
Questo tema si lega alla cancellazione del Reddito di cittadinanza. Che cosa accadrà?
“Il Reddito di cittadinanza non deve essere una prebenda per una parte dei cittadini, ma deve valere per tutti. Ci sono molte criticità: non funziona l’incrocio tra domanda e offerta e i Centri per l’impiego. In realtà, se la Regione ti dà delle risorse, chi riceve deve avere l’obbligo di attingere tra i candidati presenti nelle liste dei Centri per l’impiego. Funziona il passaparola, perché è più semplice reclutare personale pagandolo in nero. Questo meccanismo si deve spezzare e se ricevi soldi dallo Stato, devi offrire un ritorno”.
In tema di lavoro un altro tasto dolente è quello della sicurezza: a che punto siamo sul fronte del potenziamento degli ispettori, la cui funzione è quella di controllare le aziende presenti sul territorio e quindi agire direttamente sul campo?
“Noi non abbiamo ispettori ma abbiamo questo Corpo rappresentato dai Carabinieri, che è formato da poco personale e ha anche altri compiti da svolgere come valutare le criticità. C’è stato un concorso bandito dallo Stato, per cui i giovani siciliani che hanno vinto hanno ricevuto la rassicurazione di essere inviati in Sicilia grazie a una convenzione poco chiara. Ciò rafforzerebbe un servizio molto carente, ma questa convenzione presenta una criticità molto forte, poiché se questi ispettori scoprono un illecito e comminano una multa a un’azienda, l’importo deve essere assorbito dallo Stato, ma di questo passaggio non è tecnicamente previsto il come. L’ufficio legislativo della Regione ci ha dato parere negativo sul trasferimento delle ammende allo Stato. Abbiamo fatto un tavolo tecnico con i rappresentanti dell’Inail, con quelli della Ragioneria e degli uffici legislativi. Constatate le difficoltà, stiamo cercando di impostare un dialogo con Roma per trovare una soluzione, poiché ci sono troppi morti sul lavoro. Non abbiamo abbandonato questo problema, perché ci lavoriamo da molto tempo e sono fiduciosa che arriveremo a una soluzione. Stiamo attendendo delle risposte, ottenute le quali andranno a Roma il mio capo di gabinetto e il mio direttore generale del Dipartimento Lavoro per risolvere definitivamente questo problema”.
Capitolo smart working: sarà utilizzato anche adesso che la pandemia è alle spalle?
“Ritengo che si debba alternare una settimana in presenza e una in smart working per il dipendente. Le regole fisse non vanno bene e lo smart working potrebbe diventare una fuga dal lavoro”.
Che novità ci sono sul tavolo di crisi Almaviva?
“Su questo esiste un tavolo di crisi permanente al ministero delle Attività produttive e sono già stata due volte insieme all’assessore Tamajo. Una parte dei lavoratori ha rifiutato, mentre 250 resteranno fino a giugno supportati dal ministero del Lavoro, da quello della Sanità e dalla stessa Almaviva. Se non si dovesse trovare una soluzione entro giugno, si potrebbe prorogare fino a dicembre, quando si dovrebbe trovare una decisione. I lavoratori del servizio 1500 potrebbero restare, trasformandolo in uno d’allarme, poiché le emergenze non mancheranno”.
Polemica sull’Avviso 22: l’Ue, dopo l’interrogazione dell’eurodeputato Corrao, ha detto che vuole fare luce sullo scarso numero di tirocinanti inseriti nel mercato del lavoro a fronte di ingenti somme spese per finanziare i tirocini. Da dove dobbiamo ripartire?
“Quest’avviso è stato bandito nel 2018 e prevedeva un finanziamento della Comunità europea di circa ventidue milioni. Le agenzie avevano prenotato somme per circa seimila tirocinanti ma ne sono stati avviati 1.800 per una spesa di tre milioni. Di questi soggetti formati, solo il 10% ha trovato lavoro. Una delle cause di tale insuccesso è stata la pandemia, che ha costretto le aziende a chiudere temporaneamente le attività. Tuttavia, le somme residue che ammontano a diciannove milioni non andranno perse e saranno rimesse a bando e fatti altri avvisi con criteri migliori. Una delle criticità è che questi tirocini sono pagati ai partecipanti solo 300 euro, mentre una cifra adeguata sarebbe tra i 600 e i 700 euro. Poi, i tirocinanti devono essere formati secondo le esigenze di mercato. Così facendo, i partecipanti sarebbero di più e potrebbero avere la voglia di imparare un mestiere”.
L’ufficio speciale sull’Immigrazione resterà operativo o sarà chiuso?
“Questo, come gli altri undici uffici speciali, doveva essere temporaneo. Perciò, il presidente Schifani ha dato mandato ai suoi uffici in una delle prime Giunte di Governo affinché tali organismi fossero recuperati dagli assessorati di competenza, anche se la Corte dei Conti ha segnalato da tempo l’anomalia. Per l’ufficio Immigrazione c’è stato grande clamore, ma non è stato soppresso ed è rimasto tale e quale all’interno del Dipartimento delle Politiche sociali”.
Che cosa pensa dell’associazionismo che si trova a fronteggiare la riforma del Terzo settore?
“Rispetto il Terzo settore perché ci sono volontari devoti, però i fondi assegnati per bando non possono essere offerti ai privati, ma ad associazioni e cooperative. Per avere queste somme erogate devono rispettare delle regole. Poi, non tutti i fondi passano per le associazioni, poiché esistono bandi sul bonus energia che sarà assegnato direttamente ai beneficiari, pur dovendo porre dei requisiti precisi per far arrivare queste somme a chi ne ha bisogno. Nell’ultima finanziaria, il nostro presidente ha chiesto e ottenuto di mettere dieci milioni di euro per la lotta alla povertà”.