Il mondo ebraico il prossimo 25 settembre, che risponde al primo giorno del mese di Tishrì del calendario giudaico, festeggerà l’arrivo del nuovo anno, il 5783. Sarà capodanno (Rosh Hashanà), quindi il primo giorno del calendario civile.
Giorno del compleanno del pianeta Terra, o meglio anniversario della data in cui venne creato l’uomo; Adamo ed Eva e con loro l’umanità fece il suo ingresso nel creato. Secondo la tradizione, in questo giorno, Dio aggiorna i suoi tre registri in cui sono scritti i nomi di tutti gli uomini. Nel primo sono annotati i giusti, nel secondo i malvagi, mentre nel terzo sono contenuti i nomi di coloro che si trovano in una condizione non completamente definita che potremmo dire intermedia. A quest’ultimi vengono concessi dieci giorni per pentirsi.
Ma nell’ebraismo poche sono le cose semplici e ciò vale anche per il capodanno. Infatti, nello stesso, anno vi sono ben quattro diversi capodanno. Il primo e forse il più importante è quello civile di cui abbiamo appena accennato, mentre gli altri tre diversi capodanno cadono in altre date.
Il secondo è il capodanno religioso, da cui vengono contati i mesi e fissate le feste Maggiori. Cade il primo giorno del mese di Nissan, data che ricorda l’uscita dalla schiavitù d’Egitto, che quest’anno, secondo il calendario Gregoriano, rispondeva a sabato due aprile.
L’ulteriore capodanno è quello degli alberi (Rosh Hashanà Lailanoth), che cade il giorno 15 del mese di Shevat, e quindi il trascorso diciassette gennaio, e segna l’inizio dell’annata agricola.
Infine, l’ultimo, è il “Capodanno della decima” (Rosh Hashanà Lemaasser Behemà) che serviva per il calcolo delle date in cui i capi di bestiame venivano portati al Tempio per essere offerti in sacrificio. L’ultima celebrazione è intervenuta l’appena trascorso ventotto agosto, primo giorno del mese di Elul.
Decorsi i dieci giorni, decorrenti dal capodanno civile, concessi a coloro che abbiamo definito in una condizione moralmente intermedia, per fare penitenza e contrizione, si arriva alla festa di Yom Kippur, quest’anno avrà inizio la sera del 4 ottobre (10 del mese di Tishrì) e si concluderà la sera del giorno successivo.
Yom Kippur, la cui traduzione letterale è “Giorno dell’Espiazione” è la festa più sentita dagli ebrei, ed è giorno di digiuno e di astinenza da qualsiasi attività che possa risultare gratificante per il corpo, nel corso di questa giornata anche i non osservanti si recano in sinagoga. Si pratica la confessione dei peccati, che si svolge direttamente con Dio, e in cui assume un ruolo determinante il ristoro dei danni subiti dalla parte offesa, condotta del peccatore. Infatti è detto: “Quanto alle trasgressioni fra l’uomo e Dio, Yom Kippur le espia. Quanto alle trasgressioni tra l’uomo e il suo prossimo, Yom Kippur non le espia finchè egli non abbia placato il suo prossimo”.
Di primaria importanza in questo contesto di riparazione è la beneficenza che nell’ebraismo è caratterizzata dal non essere un semplice atto di carità, ma è finalizzata, ove possibile, ad aiutare il beneficiato a ritrovare la propria autosufficienza economica ed indipendenza personale, senza creare vincoli di dipendenza o riconoscenza. Per questa ragione vengono viste con favore quelle iniziative che consentono di lasciare che le donazioni restino anonime. In fine merita di essere ricordata la pratica del “dono della gentilezza amorevole” (Ghemilut Chasadim) che consiste nel compiere atti da cui non si ritrarrà alcun vantaggio perché non saranno mai ricambiati, che è possibile compiere anche in favore di defunti.
Il capodanno è pure caratterizzato da usanze e tradizioni gastronomiche tipiche, su cui si siamo già soffermati su altri scritti apparsi in precedenza su questa rubrica.
Felice 5783 a ciascun lettore.