Agricoltura

Olive, siccità e caldo fanno crollare la produzione ma la qualità resta alta

PALERMO – Pochissime piogge, caldo persistente, una siccità prolungata per mesi che ha colpito l’intera Sicilia, e non poteva non avere una influenza pesantemente negativa sulla produzione delle olive. Dalla Sicilia occidentale a quella orientale, la produzione ha subito fortissimi cali. Nel Partinicese, nel Palermitano, e anche in provincia di Trapani si prospetta una riduzione del quantitativo fino al 50%. Nota positiva: la qualità del prodotto resta altissima, perché gli alberi, finora, non sono stati attaccati dalla mosca olearia.

Settimane decisive per la produzione delle olive

Queste settimane, quindi, saranno decisive per la produzione finale. Nessuna buona notizia neanche dall’altro frangente dell’Isola. A Oriente la provincia che ne sta risentendo di più è Catania, dove la produzione di olio ha fatto registrare un calo addirittura dell’80%. Le aree alle falde dell’Etna, fino a un’altitudine che sfiora i 1.000 metri, mostrano una produzione leggermente inferiore al 50%, mentre nelle aree del Siracusano e del Ragusano la perdita è del 60%, con riduzioni del 40 e 50% nelle zone di alta collina e di montagna. In linea generale, la produzione di olio in Sicilia quest’anno potrebbe attestarsi sulle 16-18 mila tonnellate mentre la scorsa stagione sono state 35 mila.

Una situazione di criticità un po’ ovunque in Sicilia

“Le elevate temperature che sono rimaste a lungo sopra le medie stagionali e la poca disponibilità di acqua dei mesi di luglio e agosto hanno creato una situazione di criticità un po’ ovunque in Sicilia – spiega Gino Provenzano della Cia Sicilia Occidentale, Confederazione italiana agricoltori -. Le olive hanno avuto problemi di accrescimento e dove gli uliveti non erano irrigati c’è stato anche un problema di cascola (caduta precoce del frutto dalla pianta, ndr). I forti temporali improvvisi, avuti in queste settimane, non sono stati sufficienti a migliorare di molto il quadro generale. Il nostro olio comunque resta imbattibile, i consumatori sanno che è un prodotto sano e qualitativamente unico, possono fidarsi ciecamente”. E le prospettive sul mercato sono ottime: secondo le prime stime, dopo la crisi olivicola internazionale del 2023, quest’anno la domanda è destinata a crescere.

Attualmente, l’olio dello scorso anno venduto nei mercati nazionali è quotato a 9,20 euro al chilo, sui mercati esteri è sui 7,50 euro. Le prime prove di molitura di quest’anno indicano un prezzo di 9 euro nella provincia di Palermo e di 9,55 in quella trapanese. L’aumento del prezzo può in qualche modo aiutare a coprire i costi di produzione, ma non basta. Bisogna rivedere tutto il sistema agricolo e affrontare quella crisi climatica che è ormai diventata la normalità.

La Cia della Sicilia Orientale ha rilevato come gli olivi, nonostante siano considerate piante che resistono e crescono anche in zone aride, stanno mostrando un essiccamento delle chiome dovuto alla mancanza della pur semplice umidità fino a oltre un metro di profondità. La situazione è ovviamente aggravata dall’assenza di acqua negli invasi, con condotte vecchie che disperdono fino al 50% delle riserve idriche. Nemmeno l’irrigazione d’emergenza, con riserve aziendali già terminate, ha migliorato la situazione.

Il mondo agricolo è ormai costretto a confrontarsi ogni anno con la siccità

Le elevate temperature hanno determinato una precoce maturazione dei frutticini fino ad essiccarli, rendendoli in gran parte inutili per la raccolta. “Il mondo agricolo è ormai costretto a confrontarsi ogni anno con la siccità, non è più un fatto eccezionale. Stanno soffrendo anche le piante ad alto fusto ed è un segnale che non possiamo sottovalutare – commentano Camillo Pugliesi e Luca Basset, rispettivamente presidente e direttore della Cia Sicilia Occidentale -. Torniamo a chiedere un intervento immediato, e che guardi soprattutto al futuro, nella gestione delle acque: bisogna mettere subito in campo soluzioni per la prossima stagione, senza aspettare di trovarsi di nuovo in emergenza. E occorre sostenere economicamente i produttori affinché si dotino di impianti di irrigazione, laghetti artificiali, pozzi, in modo che questi investimenti non ricadano sul prezzo finale delle produzioni a danno dei consumatori”.