“Non mi auguro nessuno tipo di vendetta o di trattamento di favore, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio. Ho piena fiducia nelle istituzioni, la pena che decideranno i giudici sarà quella giusta”. Lo afferma Gino Cecchettin, papà di Giulia, in una pausa del processo – davanti alla corte d’Assise di Venezia – che vede imputato per omicidio l’ex fidanzato Filippo Turetta.
“Essere qui rinnova il mio dolore – aggiunge Cecchettin – oggi non sto sicuramente bene e non c’è giorno che non pensi alla mia Giulia. Oggi esserci è atto dovuto e di rispetto nei confronti della corte, poi deciderò di volta in volta. Mi auguro che sia un processo giusto”.
“Non ho paura di un confronto con Turetta, perché dovrei? Il danno – ricorda – ormai lo ha fatto. È una sua scelta esserci o non esserci in aula, non sta a me giudicare. Io a Filippo Turetta non avrei nulla da dire”, conclude.
Nell’atto di richiesta di costituzione di parte civile Gino Cecchettin, rappresentato dall’avvocato Stefano Tigani, ha indicato la cifra di circa un milione di euro come richiesta di risarcimento danni. I giudici della corte d’Assise di Venezia hanno ammesso come parte civile solo i familiari di Giulia Cecchettin (il papà Gino, i fratelli Elena e Davide, lo zio Alessio e la nonna Carla Gatto). Respinta invece la costituzione di tutti gli altri: quattro associazioni nazionali contro la violenza di genere, Penelope (ente che si occupa di persone scomparse) e i Comuni di Fossó e Vigonovo, dove la ventiduenne studentessa è stata uccisa e viveva. La corte non ravvisa il danno diretto rispetto all’omicidio della giovane per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta.