“Se la Regione Siciliana pubblicasse la documentazione sull’intero ciclo del dato, insieme a dati sanitari più ricchi e meno aggregati territorialmente, riuscirebbe in un solo colpo a mettere dei paletti importanti al ripetersi di episodi come quelli di questi giorni; rispettare il diritto della cittadinanza a essere informata e rendere maturo e moderno il rapporto tra le parti. E se lo facesse, sarebbe la prima Regione in Italia, sarebbe un bene per tutte e tutti”.
Lo sostengono i componenti della comunità di Open Data Sicilia, nata nel 2013 come comunità della società civile con lo scopo di favorire e supportare la diffusione della trasparenza come prassi, specie nella pubblica amministrazione, e degli open data (dati aperti) come principale strumento per attuarla. Fin dall’inizio della pandemia Open Data Sicilia si è prodigata per chiedere la diffusione dei dati epidemiologici in formato aperto e machine readable, sia a livello nazionale che regionale.
I componenti della comunità avevano già segnalato errori nei dati pubblicati dalla Regione siciliana (ultima volta l’11 marzo scorso, con una lettera aperta su http://opendatasicilia.it/) “mentre a luglio, quando è stato necessario il ricalcolo dei dati, un lungo intervento pubblicato sullo stesso sito metteva nero su bianco tutti gli errori finora compiuti dagli uffici dell’assessorato”, si legge in una nota.
La comunità, prosegue la nota, “ha indirizzato lettere aperte e segnalato situazioni di errore nei dati pubblicati, mettendo, al contempo, a disposizione gratuitamente delle stesse autorità il tempo e le competenze dei suoi membri”. Open Data Sicilia chiede “che venga reso noto l’intero processo di pubblicazione dei dati sanitari Covid-19, ovvero l’insieme dei meccanismi e protocolli utilizzati all’interno del proprio modello organizzativo per tutti gli aspetti legati alla raccolta, produzione, trattamento, aggiornamento e rilascio dei dati online”.