Cronaca

Dagli affari con i Tommaso Natale al traffico di cocaina dall’Ecuador: 6 arresti nell’operazione Gigante

Nuovo blitz antimafia: dalle prime luci dell’alba sono in corso gli arresti dell’operazione “Gigante”, condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Genova, con il supporto dei centri operativi della Dia a Palermo, Milano e Torino. Una pista sul rischio di infiltrazione mafiosa in alcune società coinvolte nelle indagini porterebbe direttamente alla famiglia Tommaso Natale di Palermo.

Sono in tutto sei gli indagati, arrestati e destinatari di misure cautelari in carcere.

Operazione antimafia Gigante, 6 arresti e il nesso ai Tommaso Natale

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dal fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose, associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga, detenzione illecita di armi ed estorsione. In corso anche il sequestro preventivo di un terreno a Palermo, nonché perquisizioni personali e domiciliari nei confronti di altri indagati. I sei arrestati dell’operazione Gigante sono stati portati nel carcere di Genova Marassi a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Come fa sapere la Dia in una nota, l’operazione “nasce dagli approfondimenti antimafia eseguiti dal Centro operativo Dia di Genova nei confronti di alcune società impegnate nella logistica, dai quali è emerso il rischio di infiltrazione mafiosa attraverso alcuni esponenti del mandamento ‘Tommaso Natale’ di Palermo, motivo per cui le società sono state colpite da interdittive antimafia, emesse dalla prefettura della Lanterna, nell’agosto e nel novembre 2022. Parallelamente, sono state svolte le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Genova, culminate negli odierni provvedimenti restrittivi” che hanno interessato “un imprenditore della logistica portuale, un dipendente di una ditta di spedizioni, un esponente di spicco della cosca mafiosa facente capo alla famiglia Lo Piccolo di Palermo” e “tre sudamericani“.

Il traffico di droga e gli affari in Sudamerica

Secondo la ricostruzione della Dia è finita la compravendita di un terreno a Palermo, che – secondo l’accusa – “l’imprenditore ligure, in concorso con l’esponente mafioso, aveva intestato fittiziamente a una sua società, affinché non fosse sottoposto al sequestro nell’ambito di una misura di prevenzione patrimoniale che aveva colpito in precedenza il palermitano”. Pare che i due, davanti a un notaio di Massa Carrara (sanzionato per violazione della normativa antiriciclaggio), abbiano “trasferimento attraverso una vendita fittizia del terreno per una somma dichiarata di 30.000 euro, valore di molto inferiore al reale”.

Il bene, situato nel quartiere “Tommaso Natale-Cardillo” a Palermo, zona di influenza dell’omonima cosca, “era di importanza strategica per la famiglia mafiosa che avrebbe voluto trasformarne la destinazione d’uso da agrumeto a zona edificabile, così da introitare ingenti guadagni”, sottolinea la Dia nei documenti relativi all’operazione Gigante.

Le indagini hanno portato anche alla scoperta di 4 pistole e oltre 500 proiettili, nascosti in un container/shelter della società logistica dell’imprenditore protagonista del blitz. Sono in corso gli accertamenti per scoprire se le armi siano mai state utilizzate per “eventuali azioni delittuose”.

L’imprenditore protagonista dell’operazione Gigante è poi accusato di essere a capo di un “organizzato dedito al traffico internazionale di cocaina dal Sudamerica“. Gli indagati avrebbero agito “tramite l’utilizzo della società di logistica del medesimo, con la complicità di un dipendente di una società di spedizioni genovese, che avrebbe redatto la documentazione di copertura, e di alcuni cittadini sudamericani che avrebbero agevolato l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dall’Ecuador, già finanziati per oltre 600mila euro, parte dei quali inviati in contanti ai fornitori attraverso canali di trasferimento illegali, gestiti da persone di nazionalità cinese residenti a Roma”. I carichi, però, non sarebbero giunti per problematiche di imbarco nel porto di Guayaquil (Ecuador).

Il caso di estorsione

Secondo la Dia, che ha condotto le indagini che hanno portato all’operazione Gigante, l’imprenditore – “forte della disponibilità di armi” – avrebbe minacciato di morte una persona, costringendola a non vendere un immobile sulle alture di Genova e a sottoscrivere invece “un contratto di comodato d’uso in suo favore al fine di adibirlo a B&B dal quale l’indagato avrebbe tratto guadagni esclusivi”. Per questo, gli inquirenti hanno contestato anche l’accusa di estorsione.

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Immagine di repertorio