Fisco

Operazioni Iva intracomunitarie, novità in arrivo

ROMA – Sono trascorsi più di trent’anni da quando, venute meno le barriere doganali tra gli Stati dell’allora Comunità Economica Europea, è entrato in vigore il Decreto Legge 331 del 30 agosto 1993, il provvedimento legislativo con il quale sono state introdotte le regole Iva in caso di cessioni ed acquisti in ambito comunitario.

Il problema, però, non è tanto il tempo trascorso (tanto sappiamo che in ambito fiscale la normativa segue sempre tempi biblici), quanto, invece, il fatto che detto decreto e le regole in esso contenute avevano il carattere della provvisorietà.

Doveva essere prevista, in breve tempo, una normativa definitiva, che, al contrario di quella allora concepita e tutt’ora applicata (seppure provvisoriamente), vedeva, in assenza del pagamento dell’Iva in dogana al passaggio della merce tra uno Stato comunitario ed un altro (come avviene in caso di importazioni/esportazioni tra Paese extra comunitari, il pagamento dell’imposta con una sorta di “reverse charge” a cura dell’acquirente comunitario il quale era, ed è ancora tenuto, ad integrare il documernto ricevuto dal fornitore e pagare l’Iva relativa seppure portandosela contemporaneamente in detrazione secondo le regole che riguardano tutti gli acquisti in materia di Iva.

C’è da dire, però, che, poiché l’Iva è un’imposta sui consumi e va pagata dal consumatore finale nel luogo del consumo, già l’idea era quella di creare un sistema, più semplice e meno esposto ai rischi che l’inversione contabile comporta, che prevedesse il pagamento nel Paese di origine (quello dell’acquisto) ed una successiva ridistribuzione dell’Iva tra i Paesi dove avveniva il consumo attraverso una sorta di “camera di compensazione” attraverso la quale stabilire l’imposta spettante a ciascuno Stato Comunitario a seguito dell’avvenuto consumo nel Paese dell’acquirente.

Ma, come già detto, trent’anni sono già passati e, nonostante le numerose direttive UE e le altrettanto numerose pronunce della Corte di Giustizia Europea (che ha sempre attenzionato e contenuto ogni abuso normativo di ciascuno dei ventisette Paesi aderenti all’attuale Unione Europea) le cose sono rimaste così come erano allora.
Ora, però, qualcosa si comincia a muovere.
Con la proposta della Commissione Europea dell’8 dicembre 2022 (Direttiva Ue Com 701), l’obiettivo originale cambia, ipotizzando per l’applicazione definitiva dell’Iva in occasione di operazioni intracomunitarie, non il Paese di destinazione (com’è attualmente), bensì il Paese di origine, ma con l’applicazione dell’Iva nella misura prevista dal Paese comunitario di destinazione.
Così, per una cessione dall’Italia alla Francia si applicherà la Iva, e viceversa. Allo stesso modo in tutti gli altri Paesi dell’Unione.

Vedremo, poi, come si dirotterà l’Iva nel Paese di competenza, ossia quello di destinazione.
In pratica, pertanto, probabilmente (e si sottolinea probabilmente) dal 1^ gennaio 2028, avremo un regime per le operazioni intracomunitarie definitivo.

Importante, anche al fine di rendere possibile tale importante innovazione, è l’estensione in tutti i Paesi dell’Unione dell’obbligo della fatturazione elettronica, adempimento (comunitario) che potrebbe essere realizzato anche a partire dal 2024 e che, per l’Italia, non dovrebbe avere nessun impatto negativo visto che l’adempimento citato è già in vigore.

Altra novità che probabilmente entrerà in vigore nel 2028 è quella che sparirà il Vies di ciascun Paese, con l’introduzione di un unico “Vies Centrale” che dovrà anche essere utilizzato come il nostro Sdi (il sistema di interscambio), quello di cui si serve già il contribuente italiano per emettere la fattura elettronica.
Dovrebbero pure sparire i modelli Intrastat.
Comunque, quelle ora descritte sono solo proposte ed ipotesi. Speriamo che vedano la luce al più presto possibile, anche per evitare le tante “truffe carosello” che ancora danneggiano il nostro Erario e la stessa immagine del nostro Paese.
Chi vivrà vedrà !!