Leadership

Le opinioni si possono criticare, non impedire

”Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. La frase è attribuita a Voltaire ma, al di là della fonte, che potrebbe non essere del tutto esatta, credo che si tratti di un’affermazione sacrosanta, tanto che la Costituzione italiana, frutto della Resistenza e della sconfitta del fascismo, la pone al centro del concetto di libertà con il primo comma dell’art. 21 di cui riportiamo di seguito il contenuto. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

L’argomento torna periodicamente all’attenzione dell’opinione pubblica ogni volta che qualcuno esprime un concetto lontano o dalla logica, o dalle evidenze scientifiche o dalle idee “politicamente corrette”, ovvero ipocrite, di chi odia o disprezza quanti non la pensano come loro stessi hanno deciso che la debbano pensare tutti. L’Italia è davvero strana, tollera i terrapiattisti, tollera i no vax, tollera persino chi sostiene che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna, tollera qualsiasi altra fandonia, ma non tollera chi ha opinioni diverse in materie come l’omosessualità, le politiche migratorie, un certo tipo di ambientalismo, ecc. Personalmente non condivido affatto le opinioni recentemente attribuite al generale Roberto Vannacci. Credo che la persona umana vada rispettata in quanto tale, come è sostenuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, non in base agli orientamenti sessuali. Credo che le politiche migratorie debbano essere corrette e debbano essere volte verso la legalizzazione e l’integrazione di chi fugge da condizioni disumane, alla ricerca di una condizione migliore. Credo che l’ambientalismo vada coniugato con la sostenibilità e con la qualità della vita, che non può di certo tornare indietro.

Tuttavia, nonostante ogni migliore intenzione, temo chi teme le opinioni altrui e vi si scaglia contro, in aperta violazione con l’articolo 21 della Costituzione. Credo che l’intolleranza rappresenti l’inverso della democrazia, che si fonda sul riconoscimento dei diritti delle minoranze in un contesto di possibile alternanza. Credo, però, che il mancato rispetto reciproco, che non vuol dire affatto condivisione di qualsiasi cosa, costituisca il presupposto per pericolose derive autoritarie e per l’esplosione di violenze di popolo o di Stato. Invece di negare il diritto all’opinione altrui, invece di “giocare” all’etichettatura, al conformismo, all’emarginazione, sarebbe molto meglio se ci abituassimo a studiare di più per contestare con competenza il valore delle opinioni altrui, per smentirne i contenuti, non certo per sopprimerle “ope legis” e senza diritto di replica. A considerare scemenze quelle che lo sono davvero ed ingenui o stupidi coloro i quali le propugnano ci penseranno i fatti, la storia, i risultati. Basta avere pazienza! Quando ci si trova davanti il leale confronto delle idee non bisogna giocare a chiudere negli spogliatoi gli avversari che la pensano diversamente, semmai è auspicabile che si riesca a vincere allenandosi di più e meglio.

Certo, nell’era dei social, nell’era dell’autoritarismo conformista del web, nell’era di una politica in cui i politici sono sempre di meno ed i politicanti sostituiscono le idee con i luoghi comuni o con i dati dei sondaggi delle società specializzate tutto questo risulta molto difficile, ma non bisogna mollare. Abbassare la guardia in materie come il diritto alla libertà di opinione, come rispetto delle idee altrui, non certo come condivisione delle medesime che possono essere sempre discutibili, come alternanza, come confronto dialettico, come rispetto del diritto, come partecipazione, può rappresentare un gravissimo pericolo.

In conclusione, senza voler affatto incorrere nell’errore che contesto ad altri, mi permetto di suggerire un buon metodo per non contribuire ad allargare la platea dei certi, dei sicuri e degli intolleranti: dubitate, ma non sospettate, perché è grazie al dubbio che la scienza va avanti, è grazie al dubbio che migliora la qualità della vita e grazie al dubbio che ci si avvicina al raggiungimento del possibile. Ovviamente, altra cosa è la responsabilità connessa alla funzione che si esercita poiché, quella sì, impone una certa cautela ed un certo rispetto del ruolo. Insomma, se faccio l’arbitro di calcio non posso permettermi di esprimere pubblicamente le mie simpatie.