Un anno di record negativi per la ristorazione nel 2022: un dato previsto, purtroppo, e riportato nel Rapporto 2023 dell’Osservatorio Ristorazione (agenzia RistoratoreTop).
Nell’anno appena trascorso sono “morte” 17.168 imprese e le imprese attive sono passate dalle 340.610 del 2021 a 335.817 (la prima storica diminuzione dopo un trend di crescita pluridecennale). L’unica cosa a crescere per le attività del settore ristorativo e gli italiani – o, almeno, una delle poche – è la spesa: nel report si stima una spesa alimentare fuori casa di 88 miliardi di euro (+3% rispetto al 2019).
Per Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio Ristorazione, sarebbe iniziata l’era del “Darwinismo ristorativo“, un’era in cui a sopravvivere o a prosperare sono le aziende capaci di “adattarsi ai cambiamenti forzati”.
Nel Rapporto 2023 dell’Osservatorio Ristorazione – realizzato elaborando dati provenienti da diverse fonti, tra le quali gli istituti di ricerca Istat e Censis, le associazioni di categoria Fipe e Federalberghi, le banche dati di Infocamere e della web app per la ristorazione Plateform installata su oltre 1300 attività in Italia – il 2022 è stato un anno di record negativi.
Per comprendere il perché di questa crisi del settore ristorativo, non c’è bisogno di pensare molto: il caro energia e l’aumento delle spese per le materie prime (soprattutto a causa della guerra tra Russia e Ucraina e alle sanzioni seguite all’evento internazionale) ha inciso notevolmente su bar, ristoranti, pizzerie e diverse attività del terziario. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Ristorazione, nel 2022 il 71% dei ristoratori è stato costretto a compiere azioni impreviste per far fronte allo shock energetico e all’aumento delle spese. E nell’82% dei casi, quelle “azioni impreviste” sono state rincari del prezzo finale per il cliente.
Nel 2022 sono cessate 26.856 attività, mentre alla Camera di Commercio ne risultano iscritte 9.688 in più. Il dato che ne deriva rappresenta un record negativo: il saldo tra iscrizioni e cessazioni, infatti, è il numero più corposo di sempre, -17.168. Un dato perfino peggiore rispetto al 2020 (-13.485) e al 2021 (-14.188), segnati dalla crisi Covid.
“I dati ci indicano che in Italia tra il 2021 e il 2022, un ristorante su 100 ha chiuso battenti – argomenta Lorenzo Ferrari -, dando così corpo ad un diffuso clima di sfiducia e disincanto alimentato prima dalla pandemia, poi dalla Great Resignation del 2021, ovvero la fuga in massa del personale dal settore e, infine, i rincari energetici dell’anno scorso, ancora in atto e sempre più impattanti”.
In linea con l’anno precedente, gli analisti hanno rilevato che il 76% ha perso figure professionali in cucina. In più, a inizio 2023, un ristoratore su due evidenzia problemi di personale.
Tra i problemi più segnalati e riportati dal report sulla ristorazione nel 2022, sul fronte della ricerca di personale nel settore, ci sono: l’assenza di candidature in risposta ad annunci (58% delle risposte) seguito dal “no show” a colloquio (39%); per il 38% i candidati si rifiutano di lavorare di sera o durante weekend e festivi, mentre il 20% afferma che i candidati richiedono esplicitamente di lavorare senza contratto.
Secondo un’indagine effettuata da Plateform sui ristoranti appartenenti al suo circuito, la problematica principale riscontrata dai ristoratori italiani è stata rappresentata dal rincaro di luce e gas per il 36%. Non si tratta, però, dell’unico problema riscontrato nel corso del 2022 dagli addetti alla ristorazione.
Il 22%, infatti, ha risentito maggiormente dell’aumento del costo delle materie prime, il 19% ha lamentato l’assenza di personale e il 15% ha sofferto maggiormente per la mancanza di liquidità. Solo il 6% degli intervistati ha affermato di non aver riscontrato problemi.
Come ha sottolineato Ferrari, è l’ora del “darwinismo ristorativo“. Il settore è sempre più in difficoltà e c’è sempre meno entusiasmo per il lavoro in questo ambito.
“Se a questo scenario uniamo il dato allarmante del dimezzamento in sei anni degli iscritti alle scuole alberghiere – osserva Ferrari – ci viene restituita la fotografia di una forza lavoro disillusa da un settore che per troppo tempo ha offerto condizioni di impiego poco entusiasmanti e disincantata rispetto al ‘modello Masterchef’ che negli ultimi anni ha descritto la ristorazione romanzandola e scollandola drasticamente dalla realtà che si vive nelle cucine e nelle sale dei locali”.
“I millennials più giovani e la ‘Gen Z‘, poi, appartengono a una generazione che preferisce intraprendere percorsi in proprio, compiere scelte di vita fuori dagli schemi tradizionali e cavalcare, giustamente, le nuove professioni comparse sul mercato. Occorre quindi che i ristoratori facciano squadra e lavorino per reinventare il settore, rendendolo attraente”, conclude il presidente dell’Osservatorio Ristorazione.