Sono 387 i beni siti sul territorio della Regione Sicilia e 1.500 in tutta Italia confiscati alla criminalità organizzata che devono essere presto assegnati: queste informazioni sono emerse oggi alla conferenza di servizi indetta presso la prefettura di Palermo dall’Anbsc (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata).
Alla Conferenza, convocata dal direttore dell’Agenzia, prefetto Bruno Corda, di concerto con il prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta, alla presenza del sottosegretario all’Interno, Wanda Ferro, e degli esponenti della magistratura e delle forze di polizia, hanno partecipato i rappresentanti dei soggetti potenziali destinatari dei beni e, per le Amministrazioni centrali dello Stato, l’Agenzia del Demanio.
“Siamo qui perché abbiamo deciso di fare delle tappe simboliche – ha dichiarato Wanda Ferro – Oltre a Palermo, infatti, siamo stati anche a Milano e Napoli per fare una conferenza di servizio sui beni da assegnare, auspichiamo pertanto disponibilità da parte degli amministratori e delle Zes”.
All’esito dei lavori sono state acquisite manifestazioni di interesse, per finalità istituzionali, sociali o economiche, per 187 dei 397 originariamente proposti, di cui 116 in provincia di Palermo, 61 in quella di Agrigento e i 10 in provincia di Siena.
“C’è una bella novità, infatti, noi stiamo costituendo un tavolo di lavoro con la Banca d’Italia per quanto riguarda l’accesso al credito – ha riferito il prefetto Bruno Corda – Proprio per il fatto che un bene o un’azienda confiscata alla mafia non può diventare un cattivo pagatore o essere considerato come il modo di sfuggire alla possibilità di avere un credito, cosa che purtroppo capita spesso”.
“La seconda cosa che dobbiamo incentivare è l’utilizzo di un fondo che è presente tra il Mise e Mes, non utilizzato o in modo parziale, di 43 milioni di euro, in ragione del fatto che sono presenti delle caratteristiche molto particolari e importanti perché si possa accedere a quel genere di facilitazione, che riguarda proprio le aziende confiscate alla criminalità. Dobbiamo partire da una linea di fondo, infatti, il 68% circa delle aziende che sono gestite da parte dell’agenzia sono scatole vuote, cioè sono strutture che non sono mai state operative, non hanno mai avuto del personale, non hanno mai prodotto nient’altro se non fatture false utili a riciclare denaro di illecita provenienza”.
“Il 5% delle aziende poi, pari a circa 150/170 di quelle attive sul mercato, occupano circa 3000 addetti, quindi una mole importante, prevalentemente nelle zone meridionali in cui sono situate. Infine, abbiamo un 27% di aziende che vanno monitorate, per le quali dobbiamo necessariamente impegnarci affinché abbiano una migliore condizione di accesso al credito e una possibilità di recupero per superare quello che viene definito uno “shock di legalità” passando da una economia illegale ad una economia legale, questo è lo sforzo che dobbiamo fare tutti”.