Entrerà in carica il 1° novembre, il nuovo rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri professore ordinario di Radiologia e direttore del reparto di “Radiologia e Diagnostica per immagini” del Policlinico “Giaccone” di Palermo, che guiderà l’Ateneo del capoluogo siciliano fino al 2027.
Il voto si è svolto per la prima volta nella storia dell’Università con la modalità online, in cui Midiri ha avuto la meglio sul professore di Igiene Francesco Vitale, con una percentuale di consensi pari al 73,7%. Qds.it lo ha intervistato per saperne di più sulla sua squadra e sul suo programma per il futuro di UniPa.
Rettore ha ottenuto una vittoria con un consenso molto ampio, secondo lei ha convinto il suo programma, la sua squadra o la persona?
“Credo sia il programma sia la squadra, infatti, per la prima volta abbiamo proposto un modello di governance nuovo, non era mai accaduto che ci fossero 8 prorettori. Il nostro statuto prevede oggi un massimo di 4 prorettori, pertanto mi insedierò a novembre dando 4 deleghe, ma con l’intenzione di una successiva trasformazione dei pro-rettorati. La squadra sarà quindi formata da 10 persone in totale – il rettore, il prorettore vicario Enrico Napoli e 8 prorettori – e l’abbiamo chiamata ‘consulta del rettore’ che non avrà potere di decisione e di voto, perché quello del rettore è un potere monocratico, ma l’idea è quella di caratterizzare questo governo con un’ampia sensibilità. In questa squadra, quindi, c’è un’assoluta parità di genere – 4 uomini e 4 donne – per la prima volta c’è anche un pro-rettorato per le Pari Opportunità e le Politiche di Genere, tale situazione in Italia si è già verificata soltanto in due atenei al Nord, per il Sud è un importante cambiamento. Poi ci sono sia rappresentanti delle materie umanistiche sia di quelle scientifiche e questa cosa in Ateneo è piaciuta molto perché il problema di fondo è che spesso una governance tende, a seconda della provenienza del rettore, a prediligere un’area rispetto ad un’altra. Anche la persona credo abbia influito sulla scelta del voto perché io ho lanciato subito il messaggio di essere contrario agli atteggiamenti verticistici, cioè, il rettore è un collega, un professore universitario che deve assumere fortemente il titolo di ‘primo tra pari’, il rettore viene votato dalla comunità con cui deve avere un rapporto orizzontale, non verticale. Quindi, vorrei con tutta la comunità accademica un continuo dialogo che permetta a questo rettore di scegliere dopo un processo di metabolismo avanzato, nei prossimi mesi infatti dovremo affrontare delle problematiche cruciali come PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e le opere infrastrutturali”.
Dovrete anche intercettare i fondi europei disponibili fino al 2025…
“Sì, dobbiamo rifarci alla finestra temporale del PNRR che va dal 2022 al 2025, quindi sarà necessaria una certa capacità di programmazione, perché i soldi non vengono dati senza un approccio programmatico. Bisognerà prima fare i progetti e poi presentarli alla Comunità Europea. Questo noi lo possiamo fare perché abbiamo degli uffici straordinari, abbiamo docenti con grandi capacità culturali e competenze. Però bisogna mettere a regime una macchina che deve essere in grado di intercettare i fondi su due temi fondamentali: la transizione digitale e le infrastrutture. Noi abbiamo bisogno di residenze, di laboratori, di biblioteche, di posti in cui i ragazzi possano vivere e studiare, al di là della mera lezione frontale fatta in aula. Da quando è iniziato questo percorso per la mia candidatura ho parlato con tutti, soprattutto con i ragazzi, e ho cercato di dare loro il messaggio che l’università deve diventare ‘studente-centrica’, cioè deve cominciare a immaginare di fare le operazioni mettendo lo studente al centro degli interventi. Ho anche chiesto agli studenti di diventare una parte politicamente attiva, perché loro sono interni agli organi di governo ma spesso hanno un ruolo marginale, infatti, lo studente viene interpellato quando si parla di tasse universitarie o di appelli, invece io credo che lo studente debba essere consultato in tutti i passaggi di snodo dell’ateneo, perché di fatto noi lavoriamo per il loro futuro. Vorrei, quindi, che loro fossero partecipi di un processo che li vede come attori e non soltanto come effettori di un percorso di formazione”.
Ha intenzione di modificare anche i regolamenti di Ateneo?
“Il nostro è ormai un mega ateneo con 43.000 persone, 1500 docenti e 1600 circa fanno parte del personale tecnico-amministrativo, per cui è come se ci fosse un amministrativo per ogni docente, ma la verità è che la vita universitaria oggi è fortemente gravata da una serie di passaggi che non sono in parallelo ma in serie, per cui finisci un processo e ne inizi un altro. Un esempio classico è quello del docente che chiede un computer per l’attività di ricerca, ma per ottenerlo in questo Ateneo possono passare anche diversi mesi. Per questo motivo c’è un tema molto sentito da tutta la comunità accademica, che è appunto quello della semplificazione amministrativa. Molti atenei ad esempio utilizzano la carta di credito su progetti di ricerca, che non solo dà tracciabilità e sicurezza contabile, ma è anche uno strumento comodo perché invece di aspettare la delibera del Consiglio di Dipartimento può acquistare con carta. Bisogna quindi intervenire su alcuni passaggi che hanno creato un ostacolo e hanno disatteso la volontà dei docenti di fare ricerca. Questo Ateneo ha necessità di recuperare una dimensione della ricerca che alla fine si trascina sia la didattica sia la terza missione”.
Tutto ciò ovviamente andrà a beneficio anche del Policlinico Universitario “Paolo Giaccone”…
“Certamente, il Policlinico deve essere riconsiderato nell’immaginario collettivo come l’ospedale dell’alta formazione sanitaria e medica. Non è un ospedale qualsiasi che può essere misurato soltanto con il numero dei ricoveri e delle prestazioni fatte, ovviamente è chiaro che ci vogliono dei parametri di valutazione, ma il ragionamento che cercherò di fare alle forze politiche è quello di riconsiderare l’Università come attore. Non avendo io alcuna coloritura politica, sono assolutamente laico nella mia posizione nei confronti della stessa e posso permettermi di parlare con uguale dignità con tutto l’arco costituzionale, nella logica di far capire una volta e per tutte che il Policlinico deve risorgere come un ospedale di formazione. Noi abbiamo, infatti, la responsabilità di formare i medici del futuro, ma anche gli infermieri, i tecnici sanitari, di laboratorio e di radiologia. Pertanto quello dedicato alla formazione è un tempo speso che deve essere considerato, non possiamo solo calcolare quante prestazioni facciamo al giorno”.
Ha stilato un programma di discontinuità con il passato, come giudica il lavoro del suo predecessore Micari che ha permesso ad UniPa di diventare il settimo Ateneo d’Italia?
“La valutazione va fatta guardando tutta la classifica, quindi è vero che siamo rientrati tra i mega atenei ma siamo nella parte bassa della classifica. Certamente Micari ha fatto un gran lavoro perché è riuscito a portare Palermo da grande a mega ateneo aumentando il numero delle iscrizioni ed io sono convinto che sia giusto aumentare il numero degli iscritti, perché ai ragazzi bisogna dare la chance di raggiungere l’obiettivo della laurea, sempre però guardando con molta attenzione il parametro della qualità, nel senso che se una classe viene portata da 35 a 100 persone, questo aumento deve essere contemporaneamente corredato da un aumento anche del corpo docente, altrimenti si trasforma in un abbassamento della qualità percepita dal professore, che avrà maggiori difficoltà ad erogare il suo sapere al triplo della classe, e verrà percepito male anche dallo studente. Adesso non ho bisogno di continuare con questa impennata di iscrizioni, perché i grandi numeri comportano difficoltà nelle aule, spostamenti non congrui tra una parte e l’altra dell’ateneo”.
La sua idea?
“Noi dobbiamo pensare sempre alla qualità di vita dello studente, quindi si aumentano i numeri ma si devono anche aumentare i servizi come la disponibilità di aule e posti a sedere con aule condizionate. A me interessa moltissimo che il ragazzo percepisca che il sistema ateneo pensi alla sua vita e al suo modo di imparare a diventare un bravo professionista. Ciò significa guardare anche con molta attenzione al tema della programmazione. Consideriamo che la governance che chiude a novembre non ha utilizzato in questi ultimi 5 anni qualcosa come 40 punti organico, ovvero il punto attribuito al ruolo (1 all’ordinario, 0,7 al professore associato e 0,5 vale il ricercatore) quindi noi avremmo potuto già chiamare a lavorare, senza fare danni al bilancio che comunque è in ottime condizioni di salute, altri 120/130 professori. Noi siamo uno degli Atenei col il numero di professori più basso ma la qualità della ricerca e dell’insegnamento si basa sul capitale umano, quindi è chiaro che l’investimento non deve essere soltanto infrastrutturale perché non bastano solo i laboratori e le biblioteche, ci vuole anche un investimento basato sulla meritocrazia e sulla qualità della scelta del personale. Un ateneo, quindi, che ricomincia a pensare ai processi di qualità che sono al centro di ogni miglioramento, per questo motivo abbiamo anche intenzione di trasformare i campus in luoghi vivibili. In merito, abbiamo fatto una delega specifica alla professoressa Florena che si occupa vivibilità e benessere lavorativo, per creare delle strutture anche sportive all’interno del campus e dare così la possibilità ai ragazzi di passare un’esperienza universitaria molto simile quella dei campus europei e americani, in cui lo sport è degli elementi aggreganti per gli studenti”.
Sonia Sabatino