Nell’arco del 2022, il 40% dei capoluoghi di regione italiani ha superato il limite massimo dei 30 giorni entro il quale devono essere saldati i debiti commerciali. Un risultato in linea con quello dell’anno precedente, in cui a sforare erano stati esattamente gli stessi otto enti su venti: L’Aquila, Potenza, Catanzaro, Napoli, Roma, Campobasso, Palermo e Perugia. Nel 2020 le città che avevano sforato i termini erano 11, mentre nel 2019 addirittura 12. Sono alcuni dei dati emersi da una ricerca di Centro Studi Enti Locali (Csel), per Adnkronos. Uno studio che ha analizzato gli indici di tempestività dei pagamenti pubblicati sui siti istituzionali delle città capoluogo di regione italiane. Ciò per vedere quante di queste siano riuscite a pagare i propri debiti commerciali entro il limite massimo consentito dalla norma di riferimento. Il dlgs n. 231/2002.
Questo decreto prevede che i debiti commerciali debbano essere saldati entro 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura o richiesta di pagamento. In casi particolari, possono essere siglati specifici accordi che estendono questo limite fino a 60 giorni.
Sebbene globalmente il numero di enti ‘in fallo’ sia rimasto invariato, complessivamente la maggior parte delle città ha migliorato il proprio indice di tempestività dei pagamenti rispetto all’anno precedente. Mediamente i tempi si sono accorciati di circa otto giorni. Il balzo in avanti più deciso è stato quello compiuto da Torino, che ha chiuso l’anno scorso con una diminuzione di quasi due mesi, arrivando a pagare mediamente a 17 giorni contro i 76 dell’anno precedente.
Anche Napoli, il comune capoluogo con la situazione in assoluto più critica da questo punto di vista, ha fatto uno sforzo di contrarre i tempi. Rosicchiati quasi 22 giorni, ma conseguito comunque un risultato drasticamente lontano da quello previsto dalla normativa di settore. Nonostante il miglioramento citato, la città campana ha infatti registrato un indice di tempestività dei pagamenti di 206 giorni che, tradotto, significa aver pagato i propri fornitori mediamente a distanza di quasi otto mesi (236 giorni) dal momento della ricezione della fattura.