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Paratore, gli affari nei rifiuti con la benedizione dei clan

CATANIA – C’è anche l’ombra di rapporti illeciti all’interno degli uffici della Regione dietro ai fatti che hanno portato nei giorni scorsi alla confisca del patrimonio di Antonino e Carmelo Paratore. I due, padre e figlio, sono stati sottoposti alla misura della sorveglianza speciale per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno.

Un provvedimento che è arrivato a distanza di qualche anno dal sequestro preventivo che nel 2021 aveva portato all’apposizione dei sigilli nell’impero economico che i Paratore, padre e figlio, hanno ampliato negli anni.

Fortune che però, secondo i magistrati della Procura di Catania, la cui tesi è stata accolta anche dai giudici, hanno origine nelle attività di Maurizio Zuccaro, boss della famiglia Santapaola-Ercolano capace di trattenere per sé parte dei proventi criminali e di riciclarli, grazie al fondamentale contributo dei due imprenditori.

I legami tra Zuccaro e i Paratore sarebbero stati talmente stretti da andare oltre il piano economico: Antonino, infatti, fu padrino di battesimo della figlia del capomafia, mentre Carmelo il testimone di nozze del figlio Rosario, anche lui negli ultimi anni arrestato con l’accusa di associazione mafiosa.

Nel corso degli anni, la liason si è perpetuata in più settori: dalla gestione del lido balneare Le Piramidi, sul viale Kennedy di Catania, per la cui ristrutturazione il parere di Zuccaro sarebbe stato tenuto in considerazione con tanto di incontro con uno dei professionisti coinvolti, al mondo della pulizia all’interno degli ospedali, fino ai rifiuti. Cisma e Cisma Ambiente sono le imprese storicamente legate ai Paratore.

Ed è attorno alle vicende delle due società che nell’inchiesta Piramidi – l’indagine del 2017 che portò alla misura cautelare dei due imprenditori e a cui si fa riferimento nel decreto di confisca dei beni – che vengono tirati in ballo anche alcuni ex funzionari della Regione Siciliana.

Si tratta di Gianfranco Cannova e Natale Zuccarello. Il primo passato alla carriera privata di architetto, il secondo andato in pensione da qualche anno, Cannova e Zuccarello sono due volti non nuovi alle cronache giudiziarie. Cannova è stato imputato nel processo Terra Mia sui rapporti corruttivi che lo avrebbero legato all’imprenditore di Oikos Mimmo Proto, una vicenda da cui i due sono usciti con la prescrizione dopo due condanne in primo e secondo grado.

Zuccarello, invece, ha patteggiato la pena nel processo seguito allo scandalo che nel 2021 scoppiò all’interno del Genio civile di Catania, dove diverse gare d’appalto venivano affidate in cambio di mazzette.

Nell’inchiesta Piramidi a Cannova e Zuccarello, e con loro il dirigente regionale Giuseppe Latteo sono state contestati i mancati controlli e successivi provvedimenti che avrebbero dovuto portare alla chiusura degli impianti di Cisma, a causa delle molteplici violazioni che la società avrebbe commesso venendo meno alle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni ambientali rilasciate a suo tempo dalla Regione.

Tra i rilievi formulati dalla Procura c’erano l’uso di aree non autorizzate per lo stoccaggio dei rifiuti e la mancata realizzazione di uno dei capannoni previsti dal progetto, oltre alla presenza di pozzi – anche a uso potabile – in una zona vicina alla discarica.

A fare riferimento al giro dei rifiuti gestito dai Paratore e agli interessi nel settore da parte di Cosa nostra è stato, tra gli altri, il collaboratore di giustizia Santo La Causa. “Nino Paratore è un imprenditore di Maurizio Zuccaro, nel senso che non è vittima ma un imprenditore che immette i soldi di Zuccaro nel mercato. Zuccaro ricicla i soldi propri nelle imprese di Paratore di cui, in questo senso, è socio”, ha dichiarato La Causa.

La discarica di rifiuti speciali di Lentini avrebbe fatto gola anche al capomafia Nitto Santapaola. “Vi era stato un incontro con La Causa perché una quota della gestione della discarica di cui si occupava Paratore doveva essere data a Santapaola”, viene ricostruito nell’ordinanza del 2017.

Denaro che Paratore avrebbe pagato fino all’omicidio di Angelo Santapaola con cui Zuccaro era entrato in conflitto. La venuta meno di Santapaola, ucciso per volontà degli stessi vertici della famiglia mafiosa, avrebbe portato Zuccaro a chiedere a Paratore di fermare le elargizioni verso la cosca. Uno stop che però era costato – ha affermato il collaboratore di giustizia – l’incendio del lido Le Piramidi.

A quel punto Paratore avrebbe fatto sapere che “per evitare problemi non avrebbe indagato sugli autori e avrebbe versato la quota alla famiglia di Benedetto Santapaola anche se contro la volontà di Maurizio Zuccaro”.