PALERMO – Troppe particelle di particolato nell’aria siciliana. Gli ultimi dati recentemente resi noti relativi al 2020, raccolti su 32 centraline, misurati nelle stazioni di monitoraggio, analizzati e archiviati all’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in vigilanza al ministero della Transizione ecologica, ndr) mostrano come, in diverse giornate i valori limite sono stati superati in ben 31 centraline.
Mentre il valore medio annuo si attesta su 21, con un picco di 32 nel comune di Niscemi, nel nisseno, i giorni di superamento del valore limite giornaliero sono stati mediamente 8 nel corso dell’anno. In totale tutte le centraline siciliane hanno registrato sforamenti 666 volte. Il comune con il maggior numero di giornate negative è stato Porto Empedocle, nell’agrigentino, in cui il valore di 50 microgrammi per metro cubo di Pm10 è stato superato per 39 giorni, seguito da Niscemi con 29 giorni.
I valori peggiori, a livello nazionale, si sono presentati in Campania, nel comune di San Vitaliano, con 107 giornate, e poi Volla, con 101 giornate. Il valore limite giornaliero previsto dalla legge italiana è di 50 μg/mc (microgrammi per metro cubo) di aria, e non può essere superato per più di 35 volte nell’anno solare (decreto legislativo 155/2010), pertanto è importante contare i giorni di sforamento dall’inizio dell’anno.
Diversamente, lo stesso decreto definisce come valore limite sulla media annua il valore di 40 μg/mc. Lo scopo della media annua è quello di valutare l’esposizione della popolazione al Pm10, mentre lo scopo di contare i superamenti giornalieri è quello di valutare l’esposizione a picchi di concentrazione sul breve periodo.
Il materiale particolato aerodisperso si concretizza in un insieme di particelle atmosferiche solide e liquide sospese in aria e in ambiente. In particolare, i dati si riferiscono al Pm10, termine che identifica le particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 10 µm. Queste sono caratterizzate da lunghi tempi di permanenza in atmosfera e possono, quindi, essere trasportate anche a grande distanza dal punto di emissione, hanno una natura chimica particolarmente complessa e variabile, sono in grado di penetrare nell’albero respiratorio umano e quindi avere effetti negativi sulla salute.
Mentre il valore limite della media annua previsto dalla normativa italiana (ed europea) è di 40 μg/mc, il valore limite di riferimento individuato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) – oltre il quale dovrebbe scattare un livello di allerta – è di soli 20 μg/mc. Anche questo non deve stupire: dalle ricerche scientifiche è emersa una relazione significativa fra Pm10 e tumore al polmone, con un aumento del rischio pari al 22% per ogni aumento di 10 μg/mc. L’indicatore calcolato ha quindi un’alta rilevanza in quanto fornisce in modo capillare informazioni sullo stato della qualità dell’aria in Italia a partire dai dati di concentrazioni nell’aria ambiente, misurati nelle reti di monitoraggio regionali con metodi di riferimento o equivalenti.
L’affidabilità dell’indicatore è garantita dal fatto che i parametri per i confronti con i valori limite e i valori di riferimento dell’Oms sono stati calcolati per le serie di dati che rispettavano gli obiettivi di qualità previsti dal decreto legislativo 155/2010 stesso. I numeri espressi possono sembrare freddi e distanti, ma dipingono uno stato dell’ambiente per nulla positivo; anzi, la preoccupazione cresce di anno in anno, con il crescere della consapevolezza che il cambiamento climatico ha ormai una incidenza effettiva sulla vita umana e del pianeta tutto.
Il Pm10 può avere sia un’origine naturale (l’erosione dei venti sulle rocce, le eruzioni vulcaniche, l’autocombustione di boschi e foreste) ma soprattutto antropica, in quanto nasce dalle combustioni e da tutte quelle attività che portano ad immettere gas nell’aria. Tra le sorgenti legate alle attività umane, ad esempio, un importante ruolo è rappresentato dal traffico veicolare. Di origine antropica sono anche molte delle sostanze gassose che contribuiscono alla formazione di Pm10, come gli ossidi di zolfo e di azoto, i Cov (composti organici volatili) e l’ammoniaca.