PALERMO – Dopo la crisi del 2020 e del 2021, le partite Iva in Sicilia non riprendono a crescere come nel resto d’Italia. Secondo i dati Inps, elaborati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, tra il 2019 e il 2022, nei primi tre trimestri dell’anno, sono state 12.800 le partite Iva andate perse, e nel 2023 non c’è stato alcun recupero.
Una realtà in controtendenza con quella della Penisola, che vede moltissime regioni registrare un bilancio positivo tra 2022 e 2023. I valori nazionali, in virtù dei risultati dei singoli territori, nel 2023 mostrano una perdita del 4,4% rispetto al 2019, ma crescono dell’1,2% rispetto al 2022. Un andamento che mostra, in buona parte del resto d’Italia, una ripresa dell’economia e della voglia di fare impresa, che si accompagna a una nuova fiducia verso il futuro dopo l’emergenza sanitaria da Covid-19, che ha rappresentato uno scoglio anche psicologico importante.
Molte regioni, infatti, hanno raggiunto valori ben più positivi, come il Molise (che in solo anno cresce dell’8,4%), o la Liguria (che si discosta di poco, all’8,2%). Anche la Calabria, regione meridionale in una condizione economica non florida, vede il numero di partite Iva crescere del 5,6%.
Se si va ad approfondire l’analisi, il saldo delle partite Iva risulta in negativo soprattutto per quelli che sono gli autonomi “classici”, e cioè gli artigiani, i commercianti e gli agricoli. In Sicilia, tra il 2014 e il 2022, sono diminuiti del 6,7%, che in termini assoluti si traducono in 17.472 realtà perse. A livello nazionale, questa percentuale sale all’11,7%.
Per quanto riguarda la ripartizione geografica, la contrazione più pesante si è registrata nel Nord-Est (-14,1%). Seguono Nord-Ovest (-14%), Centro (-12,5%) e, infine, Mezzogiorno (-6,9%). Diversamente, sono in espansione le partite Iva senza albo né ordine professionale, come i web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali, i consulenti informatici, gli utility manager, i sociologi, gli amministratori di condominio. Tante professionalità che hanno una “storia” breve e quindi non ancora regolamentata, capaci di trovare spazio in un mercato in grande evoluzione e continua crescita, che richiede figure sempre nuove, versatili e capaci di trasformarsi insieme alla società e alle sue esigenze.
Questi dati potrebbero però essere interpretati come uno specchietto per le allodole. Il trend positivo registrato dallo stock di lavoratori autonomi in questi ultimi tre anni è sicuramente ascrivibile alla ripresa economica maturata dopo l’avvento del Covid. Con un Pil che nel biennio 2021 e 2022 ha toccato livelli di crescita molto elevati, è aumentata l’occupazione e conseguentemente anche quella indipendente. Sicuramente ad allargare la platea degli autonomi ha concorso anche il fisco. L’introduzione del regime forfettario per le attività autonome con ricavi e compensi inferiori a 85 mila euro ha reso meno gravoso di un tempo gestire fiscalmente un’attività in proprio. Ciò nonostante, non è nemmeno da escludere che la crescita numerica di questo settore sia riconducibile anche all’incremento delle “false” partite Iva, lavoratori che, per scelta o pur di lavorare, accettano di aprire una partita Iva, pur rimanendo alle dipendenze di un solo datore di lavoro.
Grazie al boom dello smart working avvenuto in questi ultimi anni, è probabile che le “finte” partite Iva siano aumentate, anche se, attualmente, il numero complessivo di queste ultime è stimato attorno alle 500 mila unità, una soglia già raggiunta una ventina d’anni fa.