“Hanno provato a comprare il mio silenzio, ma dopo un lungo travaglio interiore, ho trovato il coraggio di denunciare: ciò che ho subito, non deve subirlo più nessuno”.
Adesso è un adulto, ha ventisei anni, ma ne aveva quindici anni quando, ha raccontato, cominciò a subire abusi sessuali da parte di un prete di una parrocchia di Enna.
“Esprimo piena fiducia nella magistratura e offro collaborazione per l’accertamento della verità dei fatti”, ha detto il vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana (nella foto), spiegando di “aver attivato la procedura canonica informando le autorità ecclesiastiche” quando ha ricevuto segnalazioni.
Ma ha anche sottolineato di “non avere ricevuto alcuna comunicazione da parte dell’Autorità giudiziaria in cui si informa di eventuali procedimenti penali a carico di chierici della diocesi”.
Intanto il parroco accusato, che nel frattempo ha fondato un’associazione che riunisce duecento giovani, sarebbe stato spostato in una regione del nord Italia, ufficialmente per gravi motivi di salute.
La lettera al Papa
“Sono stato a lungo combattuto – ha sottolineato la presunta vittima – tra la voglia di non tradire la Chiesa, a cui sono devoto, e la necessità di giustizia”, che lo ha poi spinto a presentare una denuncia alla Procura della Repubblica di Enna, che ha iscritto il sacerdote nel registro degli indagati e affidato indagini alla squadra mobile della Questura.
Nel 2014, aveva raccontato al parroco ennese degli abusi, che, secondo la sua ricostruzione, erano cominciati quando il sacerdote era ancora in seminario e si erano protratti dal 2008 al 2013, consumati anche nella canonica della chiesa.
Nel 2018, dopo un percorso avviato con uno psicoterapeuta, il giovane ha formalizzato una denuncia alla diocesi di Piazza Armerina. E’ stato sentito dal Tribunale ecclesiastico di Palermo ma, nonostante avesse nominato un avvocato rotale – cioè abilitato a rappresentarlo di fronte alla Sacra Rota – non è riuscito a ottenere un processo. Per questo, racconta, “ho scritto al Papa, chiedendo il suo aiuto”.
E, secondo quanto si è appreso, dal Vaticano hanno chiamato in Diocesi chiedendo immediati chiarimenti sulla vicenda.
Denaro per non parlare
Come detto, la presunta vittima sostiene poi di avere ricevuto un’offerta di denaro in cambio del suo silenzio “ma non avrei mai potuto accettare perché non voglio che altri subiscano il mio calvario”, ha detto.
“Noi non abbiamo mai offerto denaro ad alcuno”, ha replicato al telefono monsignor Gisana.
Gli abusi, secondo il contenuto della denuncia, sarebbero cominciati nel 2008, quando il presunto violentatore era ancora un educatore dell’Azione cattolica. Una serie di approcci fino alle violenze, che sarebbero iniziate nel 2009.
Tra, ha accusato ancora il giovane, piccoli ricatti e minacce per garantirsi il silenzio.
E poi, ha aggiunto, il “dolore nel sentirsi tradito dalla Chiesa, dai tanti preti, con i quali mi ero confidato”.
La solidarietà di un solo prete
“Soltanto un sacerdote a Enna – ha ricordato – mi ha sostenuto mentre molti hanno cominciato ad avere atteggiamenti se non ostili, comunque di sospetto”.
“Questa esperienza mi ha rovinato la vita – ha concluso la presunta vittima, che un tempo avrebbe voluto entrare in seminario – ma io, con l’aiuto dei miei genitori, ce l’ho fatta. Oggi sono ancora impaurito, ma posso guardarmi allo specchio. Spero che gli altri, che hanno subito lo stesso mio trattamento, decidano di denunciare”.