Con l’arrivo dell’anno nuovo ormai alle porte, un tema che fa sempre discutere è quello delle pensioni. Tra novità, conferme e rivalutazioni degli importi in vista del 2025, ecco le regole base di anticipo della pensione del nuovo anno.
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Come introdotto nelle scorse settimane, nel 2025 sarà possibile andare in pensione principalmente attraverso la classica pensione di vecchiaia o quella anticipata. Nel primo caso, parliamo dei canonici 67 anni di età raggiunti e almeno 20 anni di contributi. Nel caso di anticipo, invece, c’è l’opzione per i lavoratori precoci che dovranno però necessariamente rispettate almeno 42 anni (41 per le donne) e 10 mesi di contribuiti versati, indipendentemente dall’età anagrafica, anche se questa misura riguarda soltanto determinate categorie come invalidi, disoccupati o addetti a lavori gravosi.
Nel caso di pensione anticipata contributiva (la soluzione principale per anticipare la pensione), invece, la regola è molto chiara: coinvolge chi ha iniziato a lavorare dopo il primo gennaio del 1996 o ha versato contributi alla Gestione Separata e potrà andare in pensione a partire dai 64 anni. Il tutto però, con almeno 20 anni di contributi versati. Inoltre, per poter usufruire della pensione anticipata contributiva l’importo mensile dovrà essere almeno il triplo dell’Assegno Sociale, quindi di circa 1.620 euro/mese. Infine, per le lavoratrici con figli l’importo richiesto sarà più basso: parliamo di 2,8 volte l’Assegno Sociale per chi ha un figlio, 2.6 per chi ne ha due o più.
Per aggiornare le pensioni verrà utilizzato il meccanismo originariamente previsto dalla legge n. 448 del 1998. Questo sistema prevede solo tre fasce con relative percentuali di rivalutazione, con la differenza che il tasso ridotto si applica solo sulla parte dell’assegno che supera la soglia prevista.
Con la legge di Bilancio 2025 il governo aveva stimato un tasso di rivalutazione dell’1%, confermando la rivalutazione straordinaria già applicata nel 2024. Questa però è stata portata dal 2,7% al 2,2%. Di fatto, le pensioni minime sarebbero così salite da 614,77 euro a 617,89 euro, un incremento di 3 euro molto criticato.
Con la rivalutazione dello 0,8% però il governo sarà obbligato a fare un altro sforzo. Alle condizioni attuali, infatti, si passerebbe da una pensione minima di 598,61 euro a una di 603,39 euro. Per effetto della rivalutazione straordinaria del 2,2% ci sarebbe un ulteriore incremento a 616,67 euro. Sarebbero quindi meno di 2 euro in più rispetto allo scorso anno, una cifra davvero povera per chi invece puntava a 1.000 euro di aumento.
Ricordiamo che la rivalutazione si applica anche a pensioni di invalidità civile e Assegno sociale. Per le prime si passerà da 333,33 euro mensili a 336 euro circa. Per quanto riguarda, invece, la cosiddetta “pensione” sociale l’importo sale da 534,41 a 538,68 euro.