PALERMO – Titoli di giornale e telegiornali ci hanno sempre raccontato di un’Italia a doppia velocità: da una parte l’innovativo bolide settentrionale; dall’altra, nostro malgrado, un sistema meridionale ancora troppo arretrato. Purtroppo per noi siciliani, non si tratta di un’invenzione dei media, ma della triste descrizione della realtà, testimoniata da dati incontrovertibili.
Spese correnti alle stelle e investimenti ridotti al lumicino. Questo è ormai l’iter consolidato che contraddistingue il comportamento dei Comuni siciliani (a ogni modo, solo una parte del sottosviluppo tutto nostrano). Comportamenti che costringono l’Isola a procedere a passo di formica, anche se le abitudini non sono le stesse del parsimonioso insetto.
Secondo i dati contenuti all’interno del report Istat sui bilanci consuntivi delle Amministrazioni comunali, nel 2017 in Sicilia le spese correnti sono state pari a 4,5 miliardi di euro, corrispondenti a ben 899,50 euro a persona. Per le spese correnti si spende ben nove volte in più rispetto a quanto non si faccia per gli investimenti: infatti, in Sicilia, per questi ultimi si sono spesi solo 493 milioni di euro, corrispondenti ad appena 98,50 euro procapite.
La spesa corrente è costituita da stipendi per il personale della Pubblica amministrazione, spesa per beni e servizi e per interessi sul debito pubblico: in parole povere, tutte quelle voci necessarie ad autoalimentare la macchina burocratica.
Notevoli differenze, ancora una volta, ci separano dalle regioni settentrionali. Il Veneto, per esempio, impiega per la spesa corrente oltre 170 euro in meno a persona. Infatti, la spesa complessiva ammonta a 3,5 miliardi di euro, pari a 717,30 euro procapite. Dunque un miliardo di euro in meno rispetto alla Sicilia: potenzialmente, potrebbe ammontare a tanto il risparmio per l’Isola, dal momento che nelle due regioni risiede lo stesso numero di abitanti.
Al contrario della Sicilia, però, il Veneto spende molto più per investimenti a fini produttivi: infatti, la spesa in conto capitale risulta pari a 713 milioni di euro, corrispondenti a 145,30 euro a persona (circa 50 euro in più rispetto alla nostra regione).
In Sicilia, circa un terzo delle spese correnti è rappresentato dai “Servizi istituzionali, generali e di gestione” (1,5 miliardi di euro). Una cifra importante riguarda anche la spesa per “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente” (1,1 miliardi di euro).
Tornando alle spese correnti complessive, in Sicilia circa il 50% è stato impiegato per l’acquisto di beni e servizi (2,2 miliardi di euro), mentre un altro terzo è andato per i redditi da lavoro dipendente (1,5 miliardi di euro). In Veneto, se la spesa per l’acquisto di beni e servizi non si stacca di tanto rispetto alla Sicilia (1,8 miliardi di euro, ovvero 400 milioni di euro in meno), quella per i redditi da lavoro dipendente si dimezza quasi (895 milioni di euro, oltre 600 milioni di euro in meno).
Per quel che, invece, riguarda la spesa in conto capitale, l’ammontare più elevato si osserva nella voce “Assetto del territorio ed edilizia urbana”, con 94 milioni di euro (pari a un quinto del totale). Di poco inferiori sono gli investimenti nei “Servizi istituzionali, generali e di gestione” (93 milioni di euro) e nell’“Istruzione e diritto allo studio” (86 milioni di euro).
In termini complessivi, in Sicilia il 90% della spesa va per “Investimenti fissi e lordi e acquisto di terreni” (441,7 milioni di euro). Anche in Veneto il grosso della spesa è destinato alla stessa voce (651,5 milioni di euro, il 91% del totale).
Tirando le somme, possiamo dire che siamo davanti all’ennesimo confronto da cui la Sicilia esce con le ossa rotte. E così la nostra Isola continua a rimanere indietro, con una spesa corrente che non lascia margini di crescita e un Settentrione che punta sempre più in alto valorizzando sviluppo infrastrutturale e crescita occupazionale.