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Per la legge Spazzacorrotti arriva l’appuntamento con la Consulta

di Sandra Fischetti

ROMA – È sotto attacco in questi giorni anche all’interno della maggioranza di governo per quella norma che ha abolito la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, contestata dall’avvocatura e, come hanno reso evidente le cerimonie dell’anno giudiziario, anche dai vertici della magistratura. Ma è la prossima settimana che la legge Spazzacorrotti – difesa a spada tratta dai Cinquestelle e dal ministro Bonafede – dovrà affrontare la sua prova più difficile, il vaglio di costituzionalità da parte della Consulta.

Nove tribunali di sorveglianza (di Venezia, Lecce, Taranto, Brindisi, Cagliari, Napoli, Caltanissetta, Potenza e Salerno) hanno espresso i loro dubbi sulla legittimità di un’altra delle norme-chiave della legge, la retroattività della stretta sui benefici penitenziari per i condannati per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione. E per l’11 febbraio la Corte costituzionale ha convocato l’udienza pubblica in cui se ne discuterà.

Sotto esame è l’articolo 1 della Spazzacorrotti, che – al comma 6 lettera b – stabilisce che si applica anche ai reati più gravi contro la pubblica amministrazione, commessi prima dell’entrata in vigore della legge, l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario: si tratta della norma che esclude una serie di gravi delitti, come quelli di mafia e terrorismo, dalla concessione dei benefici penitenziari, se il condannato non collabora. Una norma che la stessa Corte costituzionale ha già recentemente “picconato”: occupandosi di condannati per mafia, la Consulta ha stabilito che, almeno per i permessi premio, deve essere il magistrato di sorveglianza a valutare caso per caso se questi benefici possano essere concessi o meno a prescindere dalla collaborazione, a condizione però che siano stati recisi i legami con la criminalità organizzata e che il detenuto partecipi al percorso rieducativo.

Stavolta in discussione è la retroattività della stretta sui benefici per corrotti e corruttori, condannati per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della Spazzacorrotti, che ora in forza della legge non possono ottenere nemmeno le misure alternative alla detenzione. Il tribunale di sorveglianza di Venezia, capofila degli uffici giudiziari che hanno investito la Consulta, richiama la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha ritenuto applicabile il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole (contenuto anche nel nostro ordinamento) anche agli istituti che implicano variazioni nell’esecuzione della pena, in base all’articolo 7 della Convenzione dei diritti dell’uomo.

È per questo che secondo i giudici veneti la norma della Spazzacorrotti sarebbe in contrasto con gli articoli 25 (“nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”) e 117 della Costituzione, che vincola il legislatore a rispettare gli obblighi internazionali.

Non solo: sarebbero violati anche gli articoli 3 e 27 della Costituzione per due ragioni. Sia perché si introdurrebbe un’irragionevole disparità di trattamento tra condannati per gli stessi reati, a seconda che la loro istanza di ammissione a una misura alternativa alla detenzione sia stata esaminata anteriormente o successivamente all’entrata in vigore della legge. Sia perché la preclusione per legge dei benefici inciderebbe sul percorso rieducativo del condannato.