Sanità

Personale medico, in sette anni -140 milioni di euro

PALERMO – Quasi un miliardo di euro: a tanto ammonta il risparmio operato dal sistema sanitario nazionale, grazie al taglio del personale medico, denunciato dallo studio condotto da Anaao Assomed (Associazione nazionale aiuti assistenti ospedalieri). Inoltre, il sindacato sostiene che a questo risparmio bisogna aggiungere ulteriori 500 milioni di euro di straordinari non retribuiti.

In particolare, la Sicilia, anche perché soggetta al piano di rientro, è la terza regione per ammontare del risparmio: infatti, mentre nel 2010 si spendevano quasi 872 milioni di euro per il personale ospedaliero, nel 2017 la spesa è scesa e 750,6 milioni di euro, riducendosi di 121,3 milioni (pari al 12,8% dei 947 milioni di euro tagliati). Non a caso, proprio nella nostra regione tra il 2010 e il 2017 le unità di personale medico si sono ridotte del 14,1%, più del doppio rispetto alla riduzione media osservata a livello nazionale (-6,3%).

Addirittura, se consideriamo il 2006, l’anno di massima occupazione, le unità di personale medico impiegate in Sicilia era pari a 11.089, esattamente 2.163 in più rispetto alle 8.926 rilevate nel 2017 (-19,5%). Se non si interviene subito, entro il 2025 si stima un ammanco pari a 2.250 unità.

Contrazioni di spesa più sostenute si osservano solo in Campania (da 967,4 milioni di euro a 782,4 milioni di euro, ovvero -185 milioni di euro) e nel Lazio (da 817,4 milioni di euro a 677,4 milioni di euro, pari a -140 milioni di euro). Infatti, in queste due regioni si rilevano anche variazioni nelle unità di personale particolarmente elevate: rispetto al 2010, si è assistito ad una riduzione pari al 17,7% in Campania e al 19,8% nel Lazio. In Molise, invece, si osserva la riduzione percentuale più sostenuta a livello nazionale (-36% rispetto al 2010). Riduzioni di spesa consistenti si rilevano anche in Emilia Romagna (-94 milioni di euro), nonostante questa regione non sia soggetta a piano di rientro.

In generale, la riduzione di personale ha riguardato tutte le regioni, con le uniche eccezioni di Sardegna (+0,6%), Lombardia (+1,1%), Toscana (+1,5%), Veneto (+1,9%), Abruzzo (+2,6%), Umbria (+3,5%), Valle d’Aosta (+4%) e Trentino Alto Adige con il suo incremento a doppia cifra (+10,5%). In quest’ultima regione, l’impennata non basta a far fronte all’ammanco stimato per i prossimi anni (-295 unità previste da oggi al 2025). Il Lazio è l’unica regione italiana con previsione di esubero di personale fino al 2025 (+905). A livello nazionale si stima che mancheranno all’appello circa 17.800 unità; mentre sono oltre 7.000 le unità che, invece, sono venute complessivamente a mancare in Italia nel 2017 rispetto all’anno di massimo impiego.

Lo studio dimostra in cifre e numeri il rapido degrado delle condizioni di lavoro nei reparti ospedalieri e nei servizi territoriali, soprattutto nelle Regioni in piano di rientro, con l’accesso alle cure per i cittadini diventato difficile, a causa del prolungamento delle liste d’attesa misurato in semestri se non in anni. Così, in particolare nel Mezzogiorno, sono progressivamente peggiorati gli indici di morbilità e mortalità della popolazione, costretta all’emigrazione sanitaria per soddisfare i propri bisogni di salute.