Gli ebrei celebrano la Pasqua (Pesach) già dal primo anno successivo alla liberazione dalla schiavitù del faraone, quando ancora percorrevano la lunga via del deserto, durata per quarant’anni, guidati da Mosè, dopo che con i fatti miracolosi, che hanno messo in luce la potenza del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe si erano riscattati dalla dolorosa cattività in terra di Egitto.
Gli ebrei quest’anno festeggieranno Pesach fino al 30 aprile, con un rituale sempre uguale, che la tradizione ha mantenuto invariato nei secoli, che ha il suo momento centrale nella cena, nel corso della quale gli Ebrei, ormai come popolo libero, mangiarono l’agnello come era stato comandato loro da Dio. Quello stesso agnello il cui sangue era servito a segnare gli stipiti delle porte delle case degli ebrei, affinché la sera prima dell’Esodo, l’Angelo della morte – che era venuto ad infliggere l’ultima piaga agli egiziani causando la morte dei primo geniti sia di uomo che di animale – non entrasse in quella casa e risparmiasse le giovani vite dei primo geniti degli ebrei. Il precetto della cena (Seder), con l’osservanza della ritualità della tradizione ebraica, è una prescrizione della Bibbia ed è stata osservata anche da Gesù di Nazaret.
Tale evento è di centrale importanza sia per l’Ebraismo, giacché senza la libertà, il popolo non avrebbe potuto osservare compiutamente la legge mosaica e viene ritenuto fondante, che per il Cristianesimo, che la ricorda come Ultima Cena, nel corso della quale Gesù, in compagnia dei suoi discepoli, prima del tradimento e dell’arresto a cui seguirà la sua condanna a morte per mezzo di croce. Ciò avvenne come specifica il filologo austriaco-israeliano David Flusser (1917-2000) autore del libro Jesus, perché Gesù fu un perfetto ebreo di Galilea, nel senso che, in quanto ebreo di quell’area geografica, osservava le tradizioni che erano proprie a quei territori e che qualche volta potevano leggermente differire rispetto a quelle delle vicine regioni. Secondo questo studioso l’elemento distintivo e caratterizzante di Gesù, non è il suo modo di interpretare la Legge ebraica, bensì di mettere in risalto nella stessa, in modo radicale, il comandamento dell’amore verso il prossimo e l’attesa del regno dei cieli in termini di maggiore accoglienza rispetto alla credenza ebraica del mondo che verrà. Da questo momento, così come è stato detto dal rabbino riformato Schalom Ben Clorin (1913-1999), la figura di Gesù, certamente un punto di contatto tra Ebraismo e Cristianesimo, è il principale momento di divergenza e di contrasto tra le due fedi.
Quindi questa cena, a cui entrambe le religioni, anche se per motivi differenti attribuiscono valore ed importanza fondamentali, per i cristiani perché atto fondante della loro religione, in quanto evento che precede la morte e resurrezione di Gesù, per gli ebrei è momento di riflessione, accettazione e ringraziamento per la libertà riacquistata; insegnamento da trasmettere ai posteri e che, attraverso la tradizione millenaria, giunge a ciascun ebreo come un messaggio a lui personalmente indirizzato.
Ciò avviene durante le celebrazioni di Pesach, non solo attraverso la lettura dell’Haggadah (racconto dell’uscita dall’Egitto) ma anche attraverso quel mosaico variopinto, le cui tessere sono costituite dalle portate del Seder pasquale. La tradizione impone che, nella sequenza dei cibi che si portano in tavola, non possano mancare: le erbe amare (Maror e Chazeret), per ricordare l’amarezza dei giorni passati in schiavitù; un’amalgama dal gusto dolce ma dal colore marrone, (Charoset) per ricordare l’argilla con la quale venivano impastati i mattoni che servivano ad edificare gli imponenti palazzi del Faraonelo zampino di agnello arrosto (Zeroah), simbolo dell’agnello consumato prima dell’Esodo; ed ancora l’uovo sodo (Beitzah) che ha il duplice compito di essere simbolo del rinnovarsi del ciclo della vita: nascita, riproduzione e morte, con la sua forma tondeggiante, ed allo stesso tempo simbolo di morte e lutto per commemorare la uccisone dei primogeniti egiziani. Sono presenti le matzot, sono le forme di pane non lievitato, in quanto preparato di tutta fretta, quando ormai si era in attesa di mettersi in viaggio per la Terra Promessa. Non mancherà mai un buon vino kasher, sempre presente sulla tavola degli ebrei al momento in cui si pronunciano le principali benedizioni (Berakhòt).
Infine è bene ricordare che Pesach si rinnova sempre nel momento della vita di ciascun uomo, quando costui riesce a venir fuori da un situazione senza sbocchi che lo attanagliava per ritrovare la libertà.