di Oriana Sipala
CATANIA – Lo scorso aprile è stato reso noto il terzo rapporto sullo stato di attuazione del Piano d’azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici, predisposto dall’Ispra, il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri e il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente.
Le azioni svolte ai fini dell’attuazione del Piano sono diverse. Tra queste, l’impiego di almeno dieci unità in ogni attività antibracconaggio; il contrasto al traffico delle specie protette tramite il potenziamento dei Nuclei Cites dell’Arma dei Carabinieri, deputati a tale scopo, e lo svolgimento di corsi di formazione, aventi per oggetto la normativa venatoria e il riconoscimento dell’avifauna; il coordinamento di dati e informazioni provenienti dalle amministrazioni regionali ai fini di un efficace monitoraggio del fenomeno. A questo proposito, il Ministero della salute e l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lazio e Toscana hanno attivato il Portale nazionale degli avvelenamenti dolosi degli animali, attivo dal 18 settembre 2019, che permette una gestione informatizzata dei casi di sospetto avvelenamento di animali domestici o selvatici.
Come ha risposto la Sicilia su questo fronte? Mentre altre regioni hanno fornito dettagliate informazioni sul potenziamento dei corpi forestali dedicati alla vigilanza venatoria o sulla promozione di corsi di formazione appositi, dalla Sicilia silenzio assoluto. La Provincia autonoma di Bolzano, per esempio, ha distribuito il suo corpo forestale in 38 stazioni forestali, ha costituito un ufficio competente per la caccia e 4 stazioni di controllo del Parco nazionale dello Stelvio; in Calabria si è proceduto all’espletamento di corsi di formazione per guardie giurate venatorie volontarie. Cosa si è fatto in Sicilia non ci è dato sapere. Nessuna informazione, inoltre, è stata fornita per quanto riguarda le attività di sensibilizzazione all’interno del mondo venatorio a cura delle amministrazioni pubbliche siciliane.
Il rapporto preso in esame fornisce inoltre dati sul numero di controlli effettuati in ogni singola regione e sugli illeciti rilevati. In Sicilia, nel 2019, sono stati effettuati 202 controlli, da cui sono scattati 15 illeciti amministrativi, per un importo totale dei 3.034 euro, e 31 reati complessivi. Meno in Sardegna, in cui sono stati effettuati 21 controlli, in tutti gli altri territori questi sono dell’ordine di 6 mila in un anno. La regione che ha effettuato più controlli è la Puglia (8.095), da cui derivano 234 illeciti amministrativi (per un importo totale di quasi 41 mila euro) e 123 reati complessivi. Seguono l’Abruzzo e il Lazio, con oltre 7.600 controlli, mentre in Toscana, Umbria, Marche e Calabria si parla di oltre 6.500 controlli e centinaia di illeciti amministrativi.
Dall’altro lato, secondo quanto si apprende dal rapporto, le operazioni antibracconaggio nella Sicilia occidentale si sono intensificate dopo le uccisioni, nel 2018, del capovaccaio rilasciato nell’ambito del progetto Life Egyptian vulture. L’attività di controllo è stata svolta dai carabinieri forestali del Centro anticrimine natura di Palermo, che nel 2019 ha effettuato 62 controlli, 10 sequestri e 11 illeciti amministrativi, per un importo di 1.694 euro; dal comando provinciale dei carabinieri di Trapani (30 controlli e 2 illeciti amministrativi per un importo di 720 euro); dal distaccamento di Punta Raisi (32 controlli, 1 sequestro e 4 illeciti amministrativi dall’importo di 756 euro).
Nello stesso anno si segnala anche l’operazione Bonelli, a tutela dei falconiformi. Questa ha portato al sequestro di 13 esemplari vivi di avifauna protetta, nonchè all’imposizione di sanzioni per un importo complessivo di 10 mila euro.