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Piano di Riequilibrio approvato a Palermo, tra gioie e preoccupazioni

Ad appena ventiquattrore dall’approvazione al Consiglio Comunale di Palermo, il Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale si porta dietro alcune perplessità, tra le quali: l’effettiva utilità della manovra realizzata. A parere dell’opposizione, come si riscontra da alcune dichiarazioni, l’approvazione non era assolutamente necessaria.

Il sindaco Roberto Lagalla e i capigruppo di maggioranza al Consiglio sono soddisfatti della riuscita del Piano, a tal punto da definirlo un passaggio “storico”, come si legge in parte di questa nota: “L’approvazione del piano di riequilibrio rappresenta un passaggio storico e decisivo per il rilancio del Comune di Palermo. Una tappa cruciale nel piano di risanamento dell’ente che avevamo ereditato in condizioni disastrose e che, tappa dopo tappa, stiamo riportando in condizioni di normalità”. Sono le parole rilasciate dai capigruppo di Forza Italia, Democrazia Cristiana, Fratelli d’Italia, Lega e Lavoriamo per Palermo.

All’interno della medesima nota si legge che è anche ritornata una buona sintonia con il Governo centrale e che questo piano sarà rivedibile. Ma quest’ultima espressione è da tenere bene a mente, come si vedrà più avanti, perché in qualche modo è stato già modificato. Naturalmente vi è anche la gioia del sindaco di Palermo Roberto Lagalla che per mezzo di un comunicato ha dichiarato: “L’approvazione del Piano di riequilibrio in Consiglio comunale è un ulteriore passaggio della città verso la normalità. Il Piano di riequilibrio disegna un nuovo rapporto della città con lo Stato e, per questo, ringrazio l’intenso lavoro del vicesindaco e assessore al Bilancio Carolina Varchi e degli uffici per questo risultato che arriva dopo aver rimodulato gli investimenti e recuperato i documenti contabili del passato. Il via libera in Aula è un altro tassello verso la rifondazione della macchina comunale che deve tornare a spendere per dare risposte ai palermitani, in particolare sul tema dell’igiene pubblica, della sicurezza delle strade. E tutto questo senza che ci sia un’esplosione di imposizione fiscale per i palermitani”.

Piano di Riequilibrio, cos’è e cosa prevede per Palermo

Dopo le dovute esultanze della maggioranza del Comune di Palermo, tocca dapprima capire di cosa tratta il Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale, entrato in scena nella passata amministrazione guidata dall’ex sindaco Leoluca Orlando.

Il Piano di Riequilibrio non è altro che una procedura prevista a partire dall’art. 243-bis del Testo Unico degli Enti Locali – Tuel -, dal D.L. n.174 del 2012. La procedura serve a evitare il dissesto finanziario dei Comuni e delle province essenzialmente, infatti viene anche chiamata come “pre-dissesto”. Gli enti locali lo adottano quando si presentano squilibri di bilancio tali per cui si possa cadere in dissesto.

L’ente locale che lo vuole adottare e richiede l’accesso alla procedura è tenuto a presentare le mosse e le misure utili per risanare la situazione, in tal modo si evita anche il commissariamento del Comune di turno. La durata del Piano parte dai 4 anni sino ai 20 anni, dipende dal tipo di debiti, per così dire, e dal numero di abitanti.

A rigor di logica il Comune che avvia una procedura del genere è perché si trova in una situazione di sovraindebitamento. Tuttavia, non sarebbe il caso del capoluogo siciliano come si può leggere da alcuni dati ufficiali e oggettivi, e come fatto presente da Azione e Movimento 5 Stelle.

Il Comune di Palermo ha approvato il Piano: le origini

L’Amministrazione comunale ha avviato ufficialmente la procedura perché tra il totale delle passività e delle spese impegnate (c.d. residui passivi) risulta un rapporto tra di essi pari al 30,87%, che determina l’ottenimento alla procedura e quindi la realizzazione del Piano di Riequilibrio per una durata di 10 anni.

Quando Leoluca Orlando era primo cittadino di Palermo, l’ultimo periodo, in Giunta era stata avanzata la proposta del Piano, in seguito approvato in Consiglio, ma secondo i conti, come dichiarato dal sindaco in persona nel 2021 (rivisto l’anno successivo), il Comune non si trovava in una situazione di pericolo dissesto per debiti. I conti erano tutti regolari e ancora Orlando precisò che anzi vi era una situazione di sovra accreditamento. Quindi sempre per motivi molto simili a quelli che hanno portato all’approvazione del 29 giugno, tra cui un po’ la causa di tutto, ossia incapacità di riscossione. Il Piano di oggi non è stato riformulato, cioè riscritto daccapo, bensì rimodulato, ossia semplicemente modificato con alcuni accorgimenti sulla base di quanto scritto in passato, a tutti gli effetti una sorta di lascito dell’amministrazione precedente.

La problematica dei crediti si presenta ancora adesso ed è questo il motivo principale delle difficoltà economiche dell’ente siciliano. Come dimostrato dalla Ragioneria Generale, la causa per cui si presenti il deficit sarebbe la “scarsissima capacità di riscossione delle entrate proprie dell’ente, purtroppo in costante peggioramento”. Si conta un deficit annuale di circa 50 – 60 milioni di euro ogni anno, l’andamento della stima dipende da altri fattori.

Quindi il cuore del problema sarebbe l’incapacità del Comune nel riscuotere i suoi crediti, sembra un paradosso, ma è così. E dunque il ricorso al Piano. Per il Comune di Palermo la riscossione dei crediti è da parecchio un punto dolente, poiché la società predisposta Riscossione Sicilia, che ha inglobato a sua volta Serit Sicilia S.p.A, è stata un fallimento. Nata nel 2012 e sciolta nel 2021 perché non in grado di assolvere alle proprie incombenze, la palla così è passata all’Agenzia delle Entrate. Infatti nell’attuale Piano di Riequilibrio, approvato il 29 giugno, tra i punti di risanamento vi è il potenziamento del sistema di riscossione.

I lati negativi del Piano di Riequilibrio e il parere dell’opposizione

Il Piano di Riequilibrio prevede però dei particolari spiacevoli per i cittadini, il principale: l’aumento dello 0,8% dell’Irpef. Previsto anche un aumento dell’imposta d’imbarco che nel 2024 arriverà a 3 euro.

Questo è stato precisato dal consigliere comunale Leonardo Canto di Azione che ha detto: “Dalla narrazione per cui l’aumento delle ore ai lavoratori part time del comune fosse possibile unicamente con l’approvazione del piano di riequilibrio, alla scoperta che invece si trattasse dei fondi del ‘turnover’ che avrebbero potuto essere utilizzati anche in ipotesi di dichiarazione di default del Comune”.

“Dalla propaganda del centrodestra per la quale il piano di riequilibrio avrebbe portato nuovi trasferimenti da parte dello stato alla conferma che i 69 milioni trasferiti secondo il D.L. 146/2021 non sono riservati agli enti in crisi finanziaria e neanche i 40 milioni destinati ad implementare la riscossione sono subordinati alla approvazione o alla modifica del piano di riequilibrio e dunque li avremmo potuti ricevere anche in ipotesi di dichiarazione di default. In ultimo, ho sfatato il mito per cui con l‘approvazione del piano di riequilibrio diminuiranno le tasse a carico dei cittadini. Tutt’altro. Il piano prevede l’aumento dell’addizionale Irpef oltre il limite dello 0,8%, l’aumento dell’addizionale alle tasse portuali e soprattutto il previsto aumento della riscossione delle imposte comunali dello 0,5% all’ anno (8 milioni di euro) progressivo per ogni anno per i prossimi 10 anni per un complessivo previsto aumento della riscossione di 440 milioni di euro nei prossimi 10 anni. Prevede inoltre misure draconiane per amplificare la riscossione quali il regolamento anti-evasione che prevede la revoca della licenza per le aziende non in regola coi tributi comunali (tra i quali il CUP) e a non concedere servizi comunali a chi abbia pendenze con l’amministrazione (anche con ricorsi pendenti). Altro mito portato avanti dalla maggioranza per nascondere e legittimare alla città le nefandezze del piano di riequilibrio quello per il quale la diminuzione della Tari non sarebbe stata possibile in caso di dichiarazione di default e che l’imposta sarebbe schizzata al massimo: anche questo è falso. L’amministrazione attiva è stata brava riuscendo ad abbassare la Tari per quest’anno ma questo provvedimento in alcun modo è collegato al piano di riequilibrio. Ultimo chiarimento, non è vero che in caso di dichiarazione di default non saremmo stati nelle condizioni di pagare i nostri creditori o gli stipendi dei dipendenti e quindi per questo è necessario votare il riequilibrio, falso, il comune di Palermo, infatti, non soffre di una crisi di sovraindebitamento, come ha chiarito in aula anche il ragioniere generale, ma di sovra accreditamento, cioè non riesce ad incassare tutti i crediti che prevede di esigere”.

Infine, malcontento e contrarietà anche da parte del gruppo del M5S con Concetta Amella, Antonino Randazzo e Giuseppe Miceli: “Questa manovra finanziaria non solo quindi non impedisce alcuna esplosione impositiva, ma introduce aumenti dell’Irpef, dell’imposta di soggiorno, dei servizi a domanda individuale e l’introduzione dell’addizionale sui diritti portuali. Inoltre, non scioglie in alcun modo il nodo centrale delle partecipate, che a partire dal primo gennaio 2025 dovranno essere dotate di nuovi e aggiornati contratti di servizi, senza alcun trasferimento di nuove risorse. Insomma, una manovra depressiva per dipendenti comunali, delle partecipate e per i cittadini, che ancora alle prese con le conseguenze del post-COVID, del carovita e la crisi occupazionale, saranno a pagare con le proprie tasche, il prezzo di chi ha fatto solo propaganda”.

Il Piano di Riequilibrio prevede anche nuove assunzioni per il potenziamento dell’efficienza amministrativa del Comune di Palermo e una ricognizione delle aree edificabili, oltre che la valorizzazione e l’alienazione di alcuni beni immobili.