Editoriale

Pil 2021 +6,4% ma -2,6% sul 2019

Il Governo ha comunicato “coram populo” che nel 2021, secondo dati provvisori calcolati dall’Istat, il Pil è aumentato del 6,4 per cento. Vero. Ma non ha comunicato che rispetto a un anno corrente, come era il 2019, esso è diminuito. Infatti, in quell’anno il valore complessivo del Pil fu di 1.726 miliardi, mentre nello scorso anno è stato di 1.679 miliardi. Vale a dire che il Pil è diminuito (non aumentato) di 2,6 punti rispetto a un anno normale.
I valori concatenati sono emessi dall’Istat, fonte ufficiale della quale non dubitiamo.
Alla luce di quanto precede, che è inequivocabile, non comprendiamo questa sorta di trionfalismo, perché la verità è che il Paese nel 2021 non ha ancora prodotto la ricchezza che aveva nel 2019, quasi uguale a quella del 2018.
Comprendiamo il buon sentimento del Governo, che vuole infondere fiducia al Popolo italiano, in quanto il pessimismo è dilagato e dilagante e la gente non riesce ancora a vedere la luce in fondo al tunnel.


La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni. In effetti quelle comunicate sono solo buone intenzioni. Per contro, la realtà ci dice che il debito pubblico sfiora i 2.700 miliardi (2.694 miliardi a novembre 2021), cioè ben 108 miliardi in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, e con un rapporto debito-Pil che si avvicina in modo preoccupante al 160 per cento.

Di fronte a questi dati, altrettanto inequivocabili perché ufficiali, in quanto comunicati dall’Istat, l’aspetto positivo è che il settore privato, produttivo, dell’export e distributivo è in miglioramento, mentre i consumi sono stazionari, perché i cittadini tengono i loro risparmi fermi nelle banche e non spendono né in beni durevoli, né in beni di consumo. Ciò per effetto della sfiducia nel futuro che ancora aleggia in tutto il Paese.
Giusta, dunque, l’iniezione di fiducia da parte del Governo, ma altrettanto giusto sarebbe stato comunicare i dati reali e non quelli surrettizi, derivanti dalla comparazione fra un anno in ripresa (2021) e un anno nel quale le attività sono state ferme (2020).
Il quadro è chiaro e noi abbiamo il dovere di dire come esso si presenta e non come si vorrebbe.

Vi è un settore dell’economia nazionale che va decisamente male ed è quello del turismo, della ricettività e di attività connesse. Il blocco degli ospiti stranieri, per diverse ragioni, ha svuotato alberghi di tutti i livelli, nonché case vacanze, B&B e altri immobili dell’ospitalità.

Il turismo interno non riesce a sopperire al vuoto che si è creato, anche perché né il Governo, né le regioni lo hanno promozionato a sufficienza. Non potendo aumentare i pernottamenti perché gli stranieri non vengono, quantomeno bisognerebbe creare un forte movimento interno per indurre gli italiani a visitare le innumerevoli e meravigliose bellezze di ogni genere che vi sono nel nostro Paese, da Nord a Sud.

Noi abbiamo più volte suggerito al Presidente della Regione di promuovere il turismo interno fra le quattro coste dell’Isola, da Nord a Sud e viceversa, da Est a Ovest e viceversa. Ma non siamo stati ascoltati. Abbiamo anche spinto per attivare il turismo scolastico. Anche in questo caso, inascoltati.


Vi è poi la questione del Pnrr, sbandierata ai quattro venti, con i suoi circa 250 miliardi che dovrebbero arrivare nel nostro Paese da Bruxelles. Si tratta di una balla grossolana che i mezzi di informazione cartacei, informatici e radio-televisivi hanno continuato a propalare senza alcun fondamento.
Infatti, tale importo è disponibile nei forzieri dell’Unione europea, ma verrà erogato a presentazione di progetti – nazionali, regionali e locali – che devono essere redatti rigorosamente secondo i regolamenti europei.


E qui casca l’asino. Chi dovrebbe redigerli in tal modo? I burocrati italiani. Ma se essi non hanno competenze e non cercano aiuto nelle validissime consulenze, che sono disponibili, tali progetti o non si faranno o non saranno redatti secondo i regolamenti e quindi respinti. In più gioca la lentezza con cui opera abitualmente la Pubblica amministrazione.
Tutto ciò non fa sperar bene per l’incremento il Pil di quest’anno che, se tutto va bene, pareggerà quello del 2019.