Le chiusure forzate per l’emergenza covid e il profondo
desiderio di tornare alla normalità: un impasto d’incertezza e nostalgia, dal
gusto amaro per i tanti ristoratori che hanno patito la crisi economica dettata
dalla pandemia, capaci di adattarsi alle circostanze sfavorevoli servendo “a
distanza” i propri piatti.
Una pizza, l’ultima sfornata, piccante e speziata: oltreoceano, infatti, Chicago e New Jersey abbondando col
pepe autonominandosi capitali della pizza, proprio mentre la cucina italiana
– icona del piatto che “mette
d’accordo tutti” – si rimbocca le maniche e alza la china per fronteggiare le
conseguenze della crisi pandemica.
Nel corso del “National Pizza Day” che ricorre il 9 febbraio, la metropoli dell’Illinois e lo stato del New Jersey hanno pubblicato due tweet dai loro profili ufficiali: “Fieri di essere la Capitale della pizza nel mondo” e “New Jersey Pizza Capital of the World”.
Dichiarazioni, queste, che hanno fatto insorgere l’ala più conservatrice del piatto iconico napoletano.
Tra quelli che hanno alzato la voce, Salvatore Esposito meglio noto al grande pubblico come “Genny” Savastano nella serie tv cult Gomorra, che ha commentato: “After Napoli my US friends!!!”.
E mentre buone forchette e palati fini dibattono tra genuinità e tradizione, il business della pizza negli USA riempie i portafogli prima delle stesse pance dei gourmand. Ogni anno negli US ne vengono consumati in media oltre 13 chili a testa, e il 93% dei cittadini americani la mangia almeno una volta al mese, per un totale di 3 miliardi di pizze vendute e un fatturato che raggiunge i 35 miliardi di euro.
Riavvolgendo il nastro, sia per le provocazioni d’oltreoceano che per i temi legati al fatturato – specie in un periodo così delicato a causa della pandemia – Qds.it ha ascoltato un simbolo della pizza napoletana: l’ “Antica pizzeria da Michele” fedelissima alla tradizione partenopea.
Innanzitutto una risposta ai tweet statunitensi: “L’Antica pizzeria da Michele è fedele ai dettami della tradizione e dell’innovazione sia nelle pratiche che nei macchinari (come i forni); con uno sguardo attento alla genuinità e all’unicità dei nostri ingredienti DOP, della freschezza del nostro fiordilatte, della bufala campana, rispondiamo agli amici statunitensi che anche il cannolo napoletano non è il cannolo siciliano. La ricotta e la preparazione del dolce merita di essere un’icona esclusiva della cucina siciliana, come lo è la pizza per noi. Tutti sanno che Napoli è la patria della Pizza: poi ognuno ha i suoi gusti, ma non temiamo di certo il confronto con gli amici d’oltreoceano”.
Addentrandoci nel delicato tema legato alle perdite di fatturato a causa dell’emergenza sanitaria, ci viene fatto notare come l’esperienza culinaria di una pizza come quella da Michele perda molta della sua essenza se vissuta a domicilio, e non nel clima avvolgente del ristorante: “Abbiamo perso molto in termini di fatturato a causa delle chiusure. Il locale si trova in una zona in di Palermo, e la struttura richiede costi esosi. Tuttavia oltre alle ingenti perdite economiche, vorrei sottolineare anche quelle esperienziali: la nostra pizza consegnata a domicilio non può essere paragonata a quella servita ai nostri tavoli.
Tra spiacevoli (quanto sporadici) inconvenienti alla consegna, al clima ristorativo che la nostra pizzeria è in grado di fornire, alla scelta di altre specialità tra antipasti e dolci che di fatto non vengono ordinati”.
Gioacchino Lepre