Il cannocchiale

Poi non lamentiamoci

Dopo nove settimane si chiude la campagna elettorale, in molti dicono la più brutta di sempre, ma di certo meglio della prossima, quando si dirà la stessa cosa.
Anche chi non avesse voluto ascoltare è stato bombardato di programmi, slogan facce vecchie e nuove, che forse hanno chiarito cosa votare a qualcuno e hanno confuso le idee a tanti altri. In estrema sintesi ci sono tre schieramenti, uno di destra, abbastanza unito e omogeneo, con buone probabilità di ottenere la maggioranza; uno di sinistra, per niente unito, molto eterogeneo e diviso su molti temi chiave; uno di centro, molto concreto, anche se in questo momento sicuramente minoritario.

Fermi restando i vincoli esterni e l’inerzia dovuta alle decisioni sulle quali non è possibile tornare indietro, restano comunque spazi di non poco conto sull’attività di governo dei prossimi anni, soprattutto sui rapporti internazionali, sulla politica economica e sui diritti civili.
Però finalmente domenica si vota, e da lunedì non saranno più ammesse le lamentale sulla politica e i loro protagonisti. In primo luogo, non si dovranno più lamentare quel 30%-35% di elettori che, secondo gli ultimi sondaggi pubblicati, non andranno a votare: se non partecipi perdi ogni diritto.

Poi non si dovranno più lamentare gli elettori dello schieramento vincente, per la banale ragione che hanno avuto ciò che volevano. Il governo sarà l’espressione della loro volontà. Infine, non dovranno più lamentarsi quelli dello schieramento perdente: in democrazia la maggioranza vince. Piuttosto dovranno riflettere per mettere a punto una proposta alternativa più attrattiva la prossima volta. Non dovrà lamentarsi neanche chi ha annullato la scheda o l’ha consegnata bianca: aveva l’opportunità di incidere con il suo voto ma l’ha sprecata.

Da lunedì non lamentiamoci, né del governo, che sarà quello che ha votato la maggioranza, né dei politici: sono gli eletti, hanno ricevuto con il mandato elettorale il potere/dovere di decidere per il bene tutti.