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Ponte, parlano gli espropriandi: “Torre Faro il sogno di una vita”

“Al posto dell’attuale vista, che è uno spettacolo unico al mondo, avremo davanti i piloni del ponte. I soldi non possono risarcire qualcosa che non si esprime attraverso un valore materiale: quello che per la nostra famiglia è il sogno di una vita, rischia di essere spazzato via”. C’è paura, rabbia e frustrazione nelle parole della professoressa Marianna Giuffrida, docente dell’Università degli Studi di Messina che proprio a Torre Faro aveva scelto di ricominciare la sua vita dopo l’avvento della pandemia. È stata la prima cittadina a essersi rivolta presso l’infopoint del Palacultura di Messina aperto martedì scorso.

Vive in un complesso di villette a schiera, alcune delle quali saranno distrutte per lasciare spazio all’area dei cantieri. In base al piano espropri presentato dalla Stretto di Messina Spa – lo stesso che secondo alcune indiscrezioni raccolte dal Quotidiano di Sicilia dovrebbe già subire più di qualche modifica – la casa di Marianna resterà in piedi. Parte della sua proprietà, invece, sarà espropriata. 

“Questo luogo è stata una scelta di vita assunta durante il Covid: abbiamo acquistato nel 2019 e ci siamo trasferiti in modo stabile nel corso del lock down. Da quel momento, abbiamo lasciato la casa di Messina e ci siamo spostati qui: la qualità della vita è impagabile. Uscire di casa e avere lo Stretto a pochi passi non è un concetto che può essere ripagato da un indennizzo economico”, spiega Marianna ai microfoni del QdS.

Tra documenti e sogni: la storia di Marianna

All’interno delle 1526 pagine del documento presentato dalla società presieduta dall’amministratore delegato Pietro Ciucci, è possibile ritrovare tutti gli immobili o i terreni di vario genere inseriti nel piano espropri o asservimenti: tra questi, anche quelli di Marianna. La tabella si diversifica per una suddivisione in Dati Catastali, Titolo Aree da Espropriare e Altri Titoli. Le abitazioni o i terreni coinvolti nel piano espropri risultano essere 1.688. Non solo Messina e Villa San Giovanni: a essere coinvolti anche comuni della provincia come Saponara, Torregrotta, Valdina, Venetico e Villafranca.

I metri quadri espropriati nel caso di Marianna, come confermato dai tecnici della Stretto di Messina durante l’incontro, saranno utilizzati per pubblici servizi: dal passaggio di cavi elettrici a quelli riguardanti tubazioni di vario genere. “Mi ha indispettito l’atteggiamento di superiorità mostrato dai tecnici: mi sarei aspettata più comprensione verso chi dovrebbe rinunciare al sogno di una vita”, spiega Marianna.

“La confusione è un altro dei temi: alle rimostranze presentate dal tecnico che mi ha accompagnata all’incontro, sono rimasti spiazzati – aggiunge la professoressa Unime – Hanno infatti dichiarato di aver preso il progetto del 2011 e apportato qualche modifica. Ma le modifiche sono sostanziali considerando che l’area in cui abito non faceva parte di quel progetto e che non avrei mai comprato altrimenti. In più, anche i tecnici hanno sottolineato che non è detto la zona di mia pertinenza sarà effettivamente oggetto di lavori. Ma allora che progetto è se non si sa cosa accadrà o dove con precisione? Per questa ragione ho firmato anche io l’esposto in Procura a Reggio Calabria”.

Le parole di Signorino, portavoce del Comitato “Invece del ponte”

La speranza per Marianna e per i circa 450 espropriandi tra le due sponde dello Stretto risiede soprattutto nelle rimostranze che saranno presentate dal sindaco Basile nel corso della Conferenza dei Servizi cui prenderà parte martedì prossimo presso il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a Roma. Ma dai comitati no ponte non filtra un’aria ottimistica in tal senso. “Basile non ci ha permesso di sederci al tavolo tecnico né di avere voce in capitolo sul piano espropri. Non ha voluto ascoltare le voci della città e questo è un fatto grave, sia dal punto di vista politico che amministrativo”. A parlare è Guido Signorino, anche lui professore Unime, vicesindaco di Messina tra il 2013 e il 2018 con Renato Accorinti e oggi portavoce del Comitato “Invece del ponte”.

“Noi auspichiamo che il progetto venga analizzato per quello che è e dunque rigettato. Gli elaborati del progetto con le relazioni di aggiornamento sono tali da farci dire che non è un progetto definitivo quello presentato dalla Stretto di Messina Spa. Si tenta di modificare le carte attraverso dichiarazioni di facciata, ma la realtà è che il progetto fa riferimento al vecchio codice degli appalti e non al nuovo, come vorrebbero far credere alla gente. Per legge, tutti i progetti avviati con la procedura precedente proseguono con quella”, spiega Signorino.

“Per definizione, un progetto può essere considerato definitivo se tutti gli elaborati, tutte le relazioni e tutti i pareri sono concordi da non implicare il rischio di significativi scostamenti di tecnica o di costo nella fase esecutiva del progetto stesso – aggiunge il portavoce del comitato -. E questo è quello che dice la legge. Oltre alle 68 criticità espresse dalla commissione scientifica, ancora sussistono i pari del Cipess e delle Commissioni Via – Vas, che non saranno superati”.

Cittadini disposti a tutto per difendere le proprie dimore

Per difendere le proprie case nel caso in cui il piano espropri dovesse davvero diventare esecutivo, i cittadini sono davvero disposti a tutto. Nei giorni scorsi più di qualche abitante della zona a nord della città ha fatto sapere di essere pronto a incatenarsi nel caso in cui le ruspe tenteranno di abbattere le case presenti in quell’area. In prima linea, in questo, ancora una volta i comitati. L’annuncio dell’esposto presentato in Procura a Reggio Calabria è stato dato proprio nel corso di una riunione a Villa San Giovanni tra i comitati che da entrambe le sponde dello Stretto intendono contrastare la realizzazione dell’opera.

A quella riunione ha partecipato anche Daniele Ialaqua, docente, come Signorino presente nella Giunta Accorinti, e oggi portavoce del Comitato No ponte Capo Peloro. “Ci siamo incontrati con gli altri comitati calabresi per fare il punto della situazione sul cronoprogramma delle nuove attività. Di sicuro, organizzeremo a breve un secondo incontro con gli espropriandi dopo quello del 16 marzo scorso”.

Giovedì, nel frattempo, in linea con le scadenze previste del 13 aprile, il ministero dell’Ambiente ha pubblicato sul proprio sito un avviso di pubblica selezione dei componenti della Commissione Via – Vas, che saranno chiamati a valutare l’impatto dell’opera dal punto di vista ambientale. A farne parte un massimo di 70 commissari nominati tra professori e ricercatori universitari operanti nelle aree “ambientale, economica, giuridica e sanità pubblica”.

“I commissari dovranno analizzare le oltre 500 pagine presentate – spiega Ialacqua. Sarà davvero un lungo lavoro e che, come accaduto in passato, riteniamo condurrà a un vicolo cieco: il ponte sullo Stretto è un’opera che non può essere realizzata”.