Editoriale

Ponte, quattro gatti continuano a dire No

Non valeva la pena il commento sulla solita manifestazione dei “No-tutto”, quella che si è svolta a Messina qualche giorno fa, avente come slogan: “No Ponte, c’è ben altro da fare”.
Tuttavia, non possiamo esimerci dal sottolineare questo comportamento irresponsabile di tanta gente che non ha alcuna cognizione di macro-economia e di quello che si dovrebbe fare per aumentare la ricchezza del Paese, spaccato in due, con la parte settentrionale che ha indici doppi rispetto a quelli del Mezzogiorno.

Se questi e queste cittadini/e – che hanno il diritto di protestare liberamente – avessero cura di leggere libri, articoli o altro riguardo la crescita del Paese, probabilmente rinunzierebbero a questa protesta inutile e dannosa. Inutile perché il Ponte questa volta si farà; dannosa perché diffonde motivazioni meno valide della costruzione del Ponte. Vi scriviamo perché.

Il primo errore sta nella sottovalutazione che un’opera imponente, unica al mondo, come quella in oggetto, farà aprire cantieri sulle due rive dello Stretto, nei quali affluiranno decine e decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici. Se teniamo conto che ognuno di essi/e potrebbe avere famiglie di tre o quattro persone, si capisce immediatamente il benessere che arriverebbe alle stesse famiglie per almeno dieci anni.

Altro errore di valutazione riguarda la solita manfrina del benaltrismo: anziché il Ponte, ci sarebbe da fare questo o quest’altro perché le carenze dei territori siciliano e calabrese sono incommensurabili.
Ma dove sono stati questi benaltristi negli ultimi cinquant’anni, quando hanno ripetuto stancamente lo stesso ritornello? Né si è costruito il Ponte, né sono state create altre infrastrutture, per cui la Sicilia e la Calabria sono state “cornute e mazziate”.

La verità è che le persone dovrebbero avere il buonsenso di protestare per quello che non si fa, non per quello che si vorrebbe fare e stimolare le istituzioni ed i relativi responsabili a fare, fare e fare. Certo, bisogna fare bene, cioè nel rispetto della salute dei/delle cittadini/e, dell’ambiente, nel rispetto delle norme, pensando alla crescita economica del Paese e così via. I cittadini e le cittadine di buonsenso dovrebbero spingere in questa direzione.

La società Stretto di Messina SpA ha avuto un recente aumento di capitale di 370 milioni. Inoltre, sono stanziati altri 780 milioni per il 2024.
Sotto la saggia e capace guida di Pietro Ciucci, amministratore delegato, siamo convinti che questa volta alle vane parole seguiranno fatti e comportamenti concreti. Per altro, dobbiamo ricordare le inutili battaglie “No Tav”, “No Tap” e “No-tutto”. Inutili perché la Tav Torino-Lione è già in fase di ultimazione e la Tap, cioè le condutture che approdano in Puglia, già sono operative, con gli effetti benefici dell’accesso all’energia che si sono fatti sentire soprattutto in occasione della guerra russo-ucraina. Per altro, sono in costruzione il traforo dei Fiori da Genova a Milano e quello del Brennero.
Di fronte a queste imponenti opere, tutte nel Nord del Paese, l’unica altrettanto imponente nel Sud del Paese è quella relativa al Ponte sullo Stretto, che comincia finalmente a muovere concretamente i primi passi.

La costruzione del collegamento stabile tra Penisola ed Isola siciliana non può essere considerato esaustivo perché appunto la carenza di infrastrutture in Sicilia è enorme, per cui bisogna utilizzare le risorse europee e statali per cominciare a colmare questo gap. Il guaio è proprio che il nostro Ente regionale non riesce a spendere tutte le risorse di cui dispone, per ultimo il miliardo e mezzo del Piano operativo europeo 2014/2020, che quasi certamente si perderà perché la relativa spesa non potrà essere certificata, in tutto o in parte, entro il prossimo 31 dicembre.

Non abbiamo informazioni – perché non ce le danno – relative al Piano operativo europeo 2021/2027, che prevede risorse disponibili per otto/nove miliardi.
Il triennio 2021/2022/2023 è trascorso, ma non sembra che i tre ratei siano stati spesi. Come non sono stati spesi i Fondi di Sviluppo e Coesione (Fsc) nazionali ed altri disponibili.
La Regione siciliana ha il motore scassato perché la sua burocrazia non funziona. Altro che “No-tutto”.