Grandi opere, infrastrutture strategiche, costruzioni prioritarie. In qualsiasi modo le si voglia chiamare una cosa è chiara: si tratta di opere in grado di cambiare volto al Paese, fondamentali per i collegamenti, per lo sviluppo economico e per l’occupazione. Tuttavia, è chiaro che questa definizione valga solo per una parte del Paese. Spostandosi dal nord, verso il centro e arrivando al sud, in particolare in Sicilia, le grandi opere diventano spesso, per la politica ma non solo, grandi cattedrali nel deserto.
La differenza tra il nord e il sud in tema di grandi opere è chiara dall’ultima relazione al Parlamento del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile). Anche se il documento si ferma al 2020, e quindi non tiene conto dei più recenti sviluppi apportati dal Pnrr, resta comunque attuale la differenza territoriale in particolar modo tra l’Isola e il resto dello Stivale.
Il comitato, nel periodo compreso tra il 2018 e il 2020, avrebbe deliberato finanziamenti pari a 31.510.955.736,37 euro per le infrastrutture del nord (senza considerare quelle previste dal fondo sviluppo e coesione), contro ai 13.179.671.363,32 euro destinati al Sud. Ma la situazione peggiora se si guardano gli investimenti in infrastrutture… CONTINUA LA LETTURA. QUESTO CONTENUTO È RISERVATO AGLI ABBONATI